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Home B&B

Le azioni legali contro i B&B rumorosi

Febbraio 7, 2025
in B&B
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bnb b&b rumore disturbo
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Il nostro ordinamento tutela il diritto al riposo e alla quiete ma per far rispettare le regole bisogna agire in modo corretto.

Adibire un appartamento a bed and breakfast (struttura ricettiva a conduzione familiare) rientra tra i diritti di godere e di disporre del bene che l’articolo 832 del codice civile riconosce al proprietario. La legge non vieta esplicitamente l’apertura di un B&B in un edificio condominiale, nel rilievo che tale attività non altera la destinazione a uso abitativo dell’immobile. Tuttavia un divieto può essere contenuto nel regolamento di condominio contrattuale (accettato da tutti i condomini compreso, quindi, il proprietario dell’immobile de quo) e, per avere effetto vincolante, (il divieto) deve essere esplicito, chiaro e univoco e riguardare in modo specifico l’attività di B&B.

Le clausole del regolamento sono opponibili anche ai conduttori delle singole unità immobiliari.

In assenza di divieti, la destinazione delle unità immobiliari può essere liberamente decisa dal condomino-proprietario.

IL PROBLEMA DELLE IMMISSIONI RUMOROSE

Un B&B all’interno di un condominio, seppur regolare, potrebbe creare agli altri condomini presenti nello stabile problemi legati alla rumorosità degli ospiti della struttura che potrebbero ledere il diritto al riposo notturno, alla serenità e alla vivibilità della casa, determinando un danno morale ed esistenziale da risarcire sulla base del mero accertamento della sussistenza di tali immissioni (Cass. sent. n. 26899/2014). Per poter ottenere l’interruzione dei rumori questi devono superare il limite della normale tollerabilità (articolo 844 c.c.). 

Per misurare l’intensità dei rumori, l’art. 844 c.c. fissa i criteri cui il giudice di merito deve attenersi rimettendo al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità o meno delle stesse. Giudizio che non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti (Cass. sent. n. 6223/2002 e Cass. ord., n. 21479/2024).

L’azione legale diretta a far cessare le immissioni rumorose non può essere intentata dal condominio salvo che le stesse non costituiscano una violazione di specifiche clausole contenute nel regolamento e le si voglia far cessare qualora venga prospettata la sussistenza di un pregiudizio incombente sul condominio in quanto tale, vale a dire sui beni di proprietà comune ex art. 1117 c.c. (Trib. Napoli ordin. 26/10/1993, Trib. Milano ordin. e 10/02/2016).

Diversamente, l’azione compete solamente ai singoli condomini danneggiati i quali possono convenire in giudizio chi disturba la quiete condominiale con la condotta propria o dei suoi ospiti per il risarcimento dei danni subiti (tribunale di Roma, sent. n. 243/2020).

La tutela dalle immissioni moleste, eccedenti la normale tollerabilità, si attua mediante due azioni: una risarcitoria del danno nel qual caso legittimato passivo è il proprietario gestore dell’immobile adibito B&B o, se l’immobile è in locazione, il conduttore in quanto effettivo detentore del bene oggetto della lite (tribunale di Milano, ord. 4 – 10 febbraio 2016).

Pur tuttavia potrebbe sussistere anche la legittimazione passiva del locatore ove si deduca che le immissioni sono imputabili a sua colpa per avere egli locato l’immobile nella consapevolezza della destinazione ad attività di per sé molesta ai vicini o per non essersi adoperato per impedire le immissioni (Cass. sent., n. 1833/1976). 

L’altra azione, quella inibitoria, è diretta a fare cessare le immissioni e rientra tra le azioni negatorie di natura reale a tutela della proprietà. In questi casi l’azione può essere proposta nei confronti dell’autore materiale delle immissioni e, quindi, in presenza di locazione del conduttore (Cass. sent. n. 15392/2000) se l’attore chieda puramente e semplicemente la cessazione delle immissioni. Mentre va proposta nei confronti del proprietario se mira al conseguimento di un effetto reale, come avviene quando è volta a fare accertare in via definitiva l’illegittimità delle immissioni o ad ottenere il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili per farle cessare (Corte Appello di Roma, sent. n. 1537/2023).

La competenza in materia di immisioni è attribuita al giudice di pace ai sensi dell’art. 7 c.p.c., qualunque sia il valore della causa, se la domanda attorea mira a ottenere la valutazione della normale tollerabilità delle esalazioni, rumori e scuotimenti vari cioè per le controversie nelle quali siano in discussione i limiti quantitativi e qualitativi dell’esercizio delle facoltà spettanti ai condomini. Ma se la domanda mira invece a far valere (anche) il rispetto di una clausola del regolamento condominiale la competenza è del tribunale (Cass., ord. n. 22730/2017, tribunale Roma, sent. n. 5089/2020).

IL CASO: TRIBUNALE DI ROMA, SENT. N. 243/2020

Il tribunale accoglieva l’appello avverso la sentenza del giudice di pace che aveva condannato il gestore di una struttura ricettiva ubicata all’interno di un condominio per violazione del regolamento di condominio e dell’articolo 844 c.c., con l’inibizione all’esercito dell’attività e con la condanna al risarcimento dei danni subiti dall’ente gestorio.

Il gestore appellante eccepiva, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva del condominio rispetto al preteso danno da immissioni ex art. 844 c.c. patito dai condomini; negava la violazione del regolamento di condominio (il quale vietava di destinare gli appartamenti a sanatori, pensioni, case di alloggio) e la violazione dell’art. 844 c.c. e, da ultimo, le condotte ascritte dal condominio a lui e agli ospiti…) 

Si costituiva il condominio. Il tribunale rilevava il difetto di legittimazione ad agire del condominio in relazione alla violazione dell’art. 844 c.c. precisando che: “L’azione di risarcimento del danno per l’ipotesi della pretesa violazione dell’articolo 844 c.c. avrebbe dovuto essere eventualmente proposta dai singoli condomini ritenutisi danneggiati dalle condotte della struttura ricettiva e non dall’ente gestorio che quale ente immateriale non è titolare di alcun diritto di salute tutelato dal nostro ordinamento né è, comunque, titolare di diritti reali sull’immobile”. 

In merito alla contestata violazione del regolamento di condominio emerge, invece, la mancanza di prova della condotta illecita (ascritta al gestore della struttura) e in particolare della destinazione abituale dell’appartamento alla specifica attività ricettiva vietata dal regolamento (sanatori, pensioni, ecc.).

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di Luigi De Santis, Avvocato
ldesantis@defolaw.com

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