Il boom delle agevolazioni fiscali per ristrutturare case e condomini ha scatenato molti tentativi di frode che hanno alzato la guardia dell’Agenza delle Entrate sui lavori in corso. Massima attenzione alle ditte che si ingaggiano per evitare brutte sorprese, anche da codice penale.
La portata del beneficio fiscale offerto da bonus edilizi e cosiddetti “superbonus 110%” ne ha fatto uno strumento controverso che, se da un lato ha fortemente spinto la ripresa del settore edilizio ha per altro verso comportato un cospicuo numero di frodi, in gran parte legate alla possibilità di cessione del credito d’imposta riconosciuto a fronte degli interventi edilizi ammessi al beneficio. Nello specifico, come illustrato dal direttore generale dell’Agenzia delle Entrate lo scorso 10 febbraio in occasione dell’audizione al Senato sul “decreto sostegni”, su cessioni del credito e “sconti in fattura” si sono innestate “gravi irregolarità connesse alla creazione, anche da parte di organizzazioni criminali ramificate su tutto il territorio nazionale, di crediti d’imposta inesistenti per importi di vari miliardi di euro che, dopo articolate concatenazioni di cessioni a società e persone fisiche interposte, sono stati in parte monetizzati presso istituti di credito o altri intermediari finanziari”.
Il legislatore è dunque intervenuto limitando la possibilità di cessione del credito, con l’obiettivo di contrastare l’acquisto di crediti con capitali di possibile origine illecita e lo svolgimento di un’attività finanziaria abusiva da parte di soggetti non autorizzati, con acquisto massivo di crediti, anche attraverso la costituzione di siti web o la diffusione di messaggi promozionali sui social network. Nel dettaglio, sia in caso di opzione per lo sconto in fattura (e successiva cessione) e sia di cessione diretta del credito da parte del beneficiario, dopo il primo passaggio sono ammesse solo due ulteriori cessioni. Non solo: i cessionari possono essere banche, altri intermediari finanziari e società appartenenti a un gruppo bancario iscritti nei rispettivi albi tenuti dalla Banca d’Italia o imprese di assicurazione autorizzate a operare in Italia, ovvero soggetti sottoposti alla normativa antiriciclaggio di cui al dlgs. 231/2007.
Tali limitazioni hanno tuttavia provocato una concentrazione dei crediti in capo a banche, intermediari finanziari e assicurazioni, che ha indotto nelle passate settimane due dei principali istituti di credito italiani a fermare le richieste di cessione del credito e i diversi stakeholder coinvolti a richiedere un ulteriore intervento normativo volto a superare l’impasse venutasi a creare.
La stretta legislativa ha riguardato anche il profilo repressivo con la modifica degli articoli 316 bis, 316 ter e 640 bis del codice penale (che ha esteso la portata applicativa delle fattispecie di malversazione a danno dello Stato, indebita percezione di erogazioni a danno dello stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) e il sensibile inasprimento delle sanzioni nei confronti dei professionisti privati chiamati a svolgere funzioni di attestatori nei procedimenti di concessione dei bonus.
A fronte di un quadro normativo in continua evoluzione (con buona pace del principio di certezza del diritto) è fondamentale dunque per condomini ed amministratori agire con cautela nella scelta delle ditte appaltatrici e nella valutazione dei relativi preventivi. In tal senso la circolare 2/2020 dell’Agenzia delle Entrate (dedicata al bonus facciate), al punto 3, invita alla diligenza, affermando che “resta fermo il potere dell’amministrazione, nell’ambito dell’attività di controllo, di verificare la congruità tra il costo delle spese sostenute oggetto di detrazione e il valore dei relativi interventi eseguiti”. La superficialità può costare infatti molto cara sul piano fiscale (con revoca del beneficio e richiesta al condomino-committente dell’importo ceduto, oltre interessi e sanzioni) e, nei casi più gravi di vera e propria connivenza con l’appaltatore, anche sul piano penale.
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di Maria Valeria Feraco, avvocato
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