La crisi economica causata dalla pandemia da Covid 19 ha coinvolto soprattutto le attività commerciali molte delle quali sono state costrette a sospendere (e in alcuni casi a cessare) la propria attività e poste nelle condizioni di non poter pagare il canone di locazione.
Le diverse iniziative governative prese per fronteggiare tale emergenza, come il credito di imposta, non sembra siano state sufficienti a riportare in equilibrio i contratti di locazione a causa di notevoli perdite di ricavi durante il lockdown.
Un caso concreto è stato all’attenzione del tribunale di Lecce (sentenza del 24 giugno 2021) al quale si era rivolto un albergatore per ottenere la riduzione del canone di locazione – a fronte di un rifiuto da parte del locatore – stante l’impossibilità di onorare il proprio impegno a causa delle notevoli perdite subite a causa del lungo lockdown. In tali casi i contratti a lungo termine, pur in mancanza di clausole di rinegoziazione, devono continuare ad essere rispettati e applicati finché si mantengono le condizioni esistenti al momento della stipulazione.
Nel caso si verifichino fattori sopravvenuti e imprevedibili (come la pandemia) non presi in considerazione al momento della stipulazione del contratto e che sospingono lo squilibrio negoziale oltre l’alea normale del contratto, la parte che subisce uno svantaggio dalle condizioni iniziali deve poter rinegoziare le condizioni in base al dovere generale di buona fede.
A tale tipologia dei contratti mal si concilierebbe la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità perché comporterebbe una inevitabile perdita dell’avviamento per l’impresa colpita dall’eccessiva onerosità e la conseguente cessazione dell’attività.
Applicando tali principi il Tribunale ha ritenuto fondato il ricorso in quanto il pagamento degli importi integrali dei canoni avrebbe aggravato ulteriormente la situazione di crisi finanziaria del ricorrente ed ha riconosciuto la riduzione dei canoni.

di Luigi de Santis, avvocato
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