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GLI INVESTIMENTI IMMOBILIARI NEL REGNO UNITO TRA LEASEHOLD E FREEHOLD

Settembre 5, 2024
in Immobiliare
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GLI INVESTIMENTI IMMOBILIARI NEL REGNO UNITO TRA LEASEHOLD E FREEHOLD
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Molti italiani investono da anni negli immobili a Londra o nel Regno Unito ma prima di comprare casa è bene sapere che oltre la Manica la proprietà di un immobile è regolata in modo molto diverso dal sistema italiano.

Acquistare un immobile a Londra può rappresentare un ottimo investimento, con ritorni da locazione decisamente superiori a quelli di altri Paesi europei, ma il mercato immobiliare e il diritto di proprietà inglesi sono molto diversi rispetto a quelli italiani ed è bene analizzare le principali peculiarità al fine di individuare la formula più redditizia con cui investire.

La differenza principale tra i due sistemi risiede senza dubbio nella tipologia di titolo di proprietà, ovvero nel tipo di diritto che si acquisisce sull’immobile, e nell’arco di tempo di validità di questo diritto. Infatti, mentre in Italia chi acquista detiene per sempre un diritto di proprietà pieno ed esclusivo sull’immobile, nel Regno Unito il titolo può essere un freehold, un leasehold o una share of freehold, e questa distinzione si riflette a sua volta nella presenza o meno di una sorta di “condominio”.

Il freehold è il titolo che più si avvicina al diritto pieno di proprietà dell’ordinamento giuridico italiano ed ha infatti una durata indeterminata. Tuttavia, soltanto alcuni tipi di immobili sono in vendita come freehold, e si tratta sempre di palazzine cielo-terra (freehold house).

Il leasehold, invece, rappresenta un diritto esclusivo su un bene immobile, ma valido per un arco di tempo determinato, spesso intorno ai 90-125 anni (ma in alcuni casi anche fino a 999 anni). Tale durata può tuttavia essere prolungata tramite una lease extension, versando una somma di denaro (premium) a chi detiene il titolo “superiore” (il freeholder). Il titolare del lease (“leaseholder”) è tenuto anche al pagamento annuo del ground rent al freeholder, vale a dire una sorta di “affitto” sul terreno il cui valore è talvolta simbolico e pari a zero (“peppercorn”) o comunque al massimo di poche centinaia di sterline all’anno.

Il leaseholder può talvolta avere anche una quota della freehold, in “comproprietà” con gli altri condomini, con il vantaggio di partecipare alle decisioni relative al palazzo in via più diretta rispetto alla situazione in cui un freeholder ha il controllo esclusivo dell’edificio.    

In sostanza, nel sistema giuridico inglese, una situazione simile al vero e proprio condominio si ha soltanto nel caso della share of freehold + leasehold, dal momento che, di fatto, i proprietari dei diversi appartamenti hanno anche una quota del terreno/palazzo e quindi esistono delle parti comuni di loro “proprietà”. In genere i leaseholders costituiscono una società (limited company) con dei directors e nominano un amministratore di condominio che si occupa del management del palazzo.

Da un punto di vista del mercato immobiliare, il leasehold è frequentissimo ma va ponderato bene quando si cerca un immobile da acquistare: il lease prevede una serie di obblighi e doveri a carico del leaseholder, come ad esempio il divieto a subaffittare senza un consenso, l’obbligo di non modificare la sua struttura dell’appartamento e soprattutto il service charge, vale a dire le spese condominiali, che hanno notoriamente un forte impatto sul reddito netto da locazione.

Quando si acquista, invece, un immobile intero come freehold, si hanno molteplici vantaggi. Oltre ad avere un totale controllo dell’asset e un notevole risparmio in termini di spese di gestione annue, si può anche puntare su strategie di sviluppo e utilizzo del bene che massimizzano notevolmente il ROI (Return on Investment). Ad esempio, molto spesso le palazzine cielo-terra possono essere sviluppate sul retro e con piani aggiuntivi anche in modo molto semplice grazie a una regolamentazione trasparente e a una burocrazia efficiente, aumentandone notevolmente la metratura e quindi il valore commerciale. Inoltre, si può puntare a frazionamenti o alla trasformazione in House in Multiple Occupation (HMO), vale a dire la creazione di miniappartamenti da mettere a reddito a studenti o giovani professionisti. Tali asset producono ritorni intorno all’8-10% sul capitale investito, e sono considerati – nell’ambito del settore residenziale, quindi a basso rischio – tra i più redditizi al mondo, e per tale motivo, sono spesso presenti nei portafogli di fondi immobiliari e altri investitori professionali o retail. © Riproduzione riservata 

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