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Home Immobiliare

La vendita di un appartamento senza abitabilità

Febbraio 10, 2025
in Immobiliare
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compravendita immobile agibilità abitabilità
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La documentazione sull’abitabilità è uno dei grandi dilemmi quando si vende casa soprattutto in città con edifici antichi, sia grandi che piccole.

Nel mercato immobiliare molti affari saltano ancora prima di iniziare perché il venditore non è spesso ben consigliato o non conosce la giurisprudenza e si ferma davanti a problemi a cui in realtà può essere trovata una soluzione, uno su tutti quello dell’abitabilità. Qualche anno fa la Cassazione Civile è stata chiamata a pronunciarsi, per l’ennesima volta, sul tema di vendita di immobili privi di agibilità con la sentenza n. 2294 del 30/01/2017. Il caso specifico riguardava la vendita di un immobile, nel quale fosse presente una diffusa umidità di risalita al piano terra del cespite compravenduto, tale da impedire il rilascio del previsto (all’epoca dei fatti) certificato di agibilità (oggi sostituito dalla segnalazione certificata di agibilità), introdotta dall’art. 24 del d.lgs. 222 del 25/11/2016, entrato in vigore il 11/12/2016, in base al quale la segnalazione certificata di agibilità si può presentare al competente ufficio comunale entro 15 giorni dalla comunicazione di fine lavori ed il Comune ha 30 giorni di tempo per richiedere ulteriori documenti o precisazioni. A seguito di tale procedura l’immobile è regolarmente abitabile.

È bene innanzitutto precisare che i termini agibilità ed abitabilità, a seguito dell’introduzione del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. n. 380 del 06/06/2001), vengono considerati oggi come sinonimi.

Ricordando che il certificato di abitabilità, prima, e la segnalazione certificata di agibilità, ora, hanno la funzione di garantire il rispetto dei requisiti minimi di salubrità, igiene e sicurezza di un immobile, l’agibilità costituisce, per concorde e diffusa convinzione sia della dottrina che della giurisprudenza, un elemento essenziale e caratterizzante di un bene immobile. Questo ha la conseguenza che l’eventuale sua assenza comporterebbe un’importante limitazione del godimento dell’immobile da parte del suo proprietario, dal momento che tale limite ostacola il pieno esercizio del diritto di proprietà e risulta giuridicamente rilevante in quanto posto a tutela del diritto alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione.

Si tenga ben presente che, in relazione agli effetti derivanti dalla presentazione della segnalazione certificata di agibilità, la stessa agibilità così ottenuta determina la cosiddetta abitabilità legale dell’immobile, non avendo alcun rilievo giuridico, invece, il fatto che anche in assenza di agibilità l’immobile sia stato concretamente adibito ad abitazione da parte del relativo proprietario.

Partendo dalla nostra ferma convinzione che sia sempre raccomandabile procedere alla vendita di un proprio immobile tramite l’intervento di un agente immobiliare professionista, tale importante sentenza incide notevolmente anche sull’attività del mediatore, che non è assolutamente limitata al mostrare l’immobile durante un sopralluogo, bensì si palesa soprattutto nell’importanza di una preventiva analisi della documentazione in possesso di un proprietario di un immobile, che desiderasse alienarlo, in modo da consentire tramite le apposite verifiche propedeutiche (analisi della documentazione sulla provenienza, dei documenti urbanistici e catastali, delle visure ipotecarie aggiornate, solo per citarne alcune), di procedere alla commercializzazione di quell’immobile. Ne consegue che l’agente immobiliare ha l’obbligo di informare un potenziale acquirente sull’eventuale assenza dell’agibilità dell’immobile intermediato.

A causa del disordinato sviluppo urbanistico intervenuto nelle città italiane, piccole o grandi, a partire dal secondo dopoguerra, un agente immobiliare esperto è consapevole che possa esser incaricato di intermediare la vendita di un immobile privo del certificato di abitabilità/agibilità. Spesso il potenziale acquirente di un immobile sprovvisto di agibilità decide di astenersi dall’acquistarlo, non perché l’immobile abbia un difetto ovvero smetta di suscitare il suo apprezzamento, bensì perché frenato dall’errata convinzione che quell’immobile non si possa vendere, ossia sia incommerciabile, alla stessa stregua degli immobili abusivi e non condonati o condonabili.

Su tale aspetto particolare, in realtà, è opportuno precisare che, nonostante numerose sentenze della suprema corte facciano riferimento alla incommerciabilità degli immobili sprovvisti di agibilità, in nessuna di queste sentenze è mai stata sancita la non validità del negozio giuridico concluso. Infatti, in caso di stipulazione di un contratto di compravendita di un immobile sprovvisto di agibilità, le parti del contratto possono espressamente convenire di trasferire il bene a prescindere dall’esistenza dell’agibilità. Tuttavia, al momento della stipula del contratto sorgerà una responsabilità contrattuale in capo alla parte venditrice, qualora quest’ultima, pur in presenza di tale accordo, abbia garantito la sussistenza dei requisiti astrattamente necessari per l’ottenimento dell’agibilità dell’immobile e questi fossero invece mancanti.

Inoltre, qualora il bene difetti dell’agibilità, le parti del contratto possono liberamente concordare quale soggetto sosterrà le spese necessarie per la procedura diretta all’ottenimento dell’agibilità. A rafforzare tale convinzione basti ricordare che è pacificamente ammessa la possibilità di agire per l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di compravendita (ex art. 2932 C.C.), al fine di ottenere una sentenza di un giudice, adito in caso di inadempimento, che produca gli effetti del contratto che le parti si sono obbligate a concludere in forza del compromesso per la vendita di un bene sprovvisto di agibilità. L’unica eccezione individuata dalla giurisprudenza è rappresentata dal caso in cui l’assenza dell’agibilità comporti l’assoluta impossibilità di godimento dell’immobile: infatti, in questo caso specifico il contratto sarà radicalmente nullo (cfr. sentenza della Cassazione n. 24957 del 2007).

Invece, nel nostro ordinamento giuridico non esiste alcuna norma che preveda l’obbligo, a pena di nullità, di dotare l’immobile del requisito dell’agibilità precedentemente al trasferimento della sua proprietà ad un terzo. Su questo punto è del tutto evidente la differenza del requisito dell’agibilità dal caso in cui un contratto di compravendita abbia ad oggetto un immobile abusivo, prevedendo il nostro ordinamento giuridico, in tal caso, la sanzione della nullità comminata per difetto di conformità urbanistica ed edilizia.

Pertanto, ne consegue l’importanza del chiarimento necessario in merito al concetto di incommerciabilità di un bene immobile sprovvisto di agibilità, concetto spesso richiamato nelle sentenze della Cassazione. In particolare, tale incommerciabilità assume una “connotazione extra giuridica”, comportando in concreto una minor appetibilità sul mercato di un immobile sprovvisto di agibilità ed ai conseguenti ostacoli che si pongono ad una sua effettiva circolazione. Questo in ragione dell’impossibilità dello stesso bene di soddisfare un’esigenza tipica degli acquirenti di immobili, ossia la destinazione del bene ad abitazione.

L’impostazione giurisprudenziale, quindi, pone in evidenza la funzione economico-sociale del bene, la cui alterazione inciderebbe anche sui risvolti circolatori dello stesso. In alcune sentenze, infatti, si parla di “ridotta commerciabilità del bene” o di “problemi di commerciabilità”, ma, se l’immobile può circolare, seppur con maggior difficoltà, ne consegue che i relativi negozi giuridici siano validi.

Di conseguenza, un immobile sprovvisto di agibilità non è incommerciabile sul piano giuridico e può esser regolarmente compravenduto o alienato in altro modo, subendo esclusivamente un deprezzamento rispetto al valore che avrebbe in caso contrario, sia in relazione all’impossibilità di pieno godimento dello stesso, sia in considerazione delle spese eventualmente necessarie per l’ottenimento dell’agibilità. Da qui si origina la sopracitata “incommerciabilità economica”. Quindi, la richiamata incommerciabilità non deve esser interpretata in senso giuridico, ma sul piano esclusivamente economico; infatti, è oramai certo che un immobile sprovvisto di

agibilità possa liberamente circolare, ossia esser compravenduto (o alienato in altra forma) sebbene tale circostanza (l’assenza dell’agibilità appunto) ne limiti in parte il godimento. Il termine “incommerciabilità”, di conseguenza, va utilizzato in senso lato, provocando l’assenza di agibilità esclusivamente un inadempimento contrattuale, se non venisse preventivamente concordato per iscritto nel contratto l’assenso dell’acquirente ad acquistare l’immobile pur se sprovvisto dell’agibilità.

Del resto, da questo punto di vista giurisprudenza e dottrina concordano sulla netta distinzione esistente tra il profilo della regolarità urbanistica e quello dell’agibilità. Infatti, la procedura finalizzata all’ottenimento dell’agibilità è avviata in un momento successivo alla realizzazione dell’immobile, in virtù della sua funzione esclusiva di accertare la presenza delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile.

Nella sentenza 2294/2917 la suprema corte riconduce la vendita di un immobile sprovvisto di agibilità al caso di vendita di aliud pro alio, che significa consegna di una cosa diversa da quella pattuita, rinvenendo in capo all’alienante l’obbligo di consegnare la documentazione attestante la presenza dell’agibilità al momento della stipula del contratto definitivo di compravendita. Legittimando così di conseguenza sia la domanda di risoluzione del contratto, sia l’istanza di risarcimento del danno sia l’eccezione di inadempimento. I giudici, altresì, hanno specificato che la vendita aliud pro alio si verifica sia quando il bene difetta in maniera assoluta di agibilità sia quando sia privo dei requisiti minimi necessari per l’ottenimento della stessa.

A tal proposito, è bene richiamare l’attenzione sul fatto che l’avvenuta presentazione di una domanda di condono per un immobile o la relativa concessione in sanatoria (atto amministrativo con il quale il comune competente perfeziona l’iter, rilasciando il titolo abilitativo in sanatoria) non sono atti idonei a sanare il mancato rilascio del soppresso certificato di agibilità. Questo proprio come conseguenza della differente funzione dei relativi provvedimenti amministrativi: la domanda di condono e la concessione in sanatoria sono rivolti a garantire il rispetto degli standard urbanistici e la conformità edilizia dell’immobile, mentre l’agibilità ha l’obiettivo di assicurare la salubrità, l’igiene e la sicurezza del bene.

Infine, è opportuno ricordare che per gli immobili di vecchia costruzione, edificati in epoca antecedente alla data di entrata in vigore della normativa in materia di agibilità, è possibile che non esista alcuna documentazione, avendo il venditore conseguentemente l’obbligo di garantire che l’immobile sia idoneo all’uso abitativo, a cui è destinato, anche senza la possibilità di ottenere il rilascio del certificato di abitabilità/agibilità.

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di Leonardo Raso Agente Immobiliare 
LEONARDORASO@LRIMMOBILIARE.IT 

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