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AGIBILITÀ E DIFFORMITÀ EDILIZIE, COSA DEVE FARE L’AMMINISTRATORE

Novembre 15, 2024
in Normativa
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AGIBILITÀ E DIFFORMITÀ EDILIZIE, COSA DEVE FARE L’AMMINISTRATORE

Real estate agent working in the office and piles of paperwork, model house on the foreground and mortgage loan documentation

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Con i bonus edilizi degli ultimi anni sono venute alla luce molte lacune nelle documentazioni degli edifici, soprattutto in aree del Paese con una lunga e spesso travagliata storia alle spalle. Certe difformità però possono costituire un serio problema e l’amministratore ha precisi poteri in merito.

È consueto riscontrare che diversi amministratori condominiali si trovano a gestire un edificio che presenta difformità dal titolo edilizio originario o che siano privi del requisito dell’agibilità. L’evidenza di tale stato non legittimo di un edificio esistente, si è rivelato in occasione della possibilità di realizzare opere di riqualificazione energetica o delle facciate, in regime fiscale agevolato dai decreti legge emessi in merito. 

Nella complessità del quadro legislativo che regola le attività manutentive degli immobili esistenti, sono intervenuti in forma stringente diversi strumenti legislativi, uno su tutti il Testo Unico Edilizia, il decreto legislativo 380/2001. Tale decreto, nelle sue successive modifiche ed integrazioni, all’art. 49 recita:

“1. Fatte salve le sanzioni di cui al presente titolo, gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici. Il contrasto deve riguardare violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che eccedano per singola unità immobiliare il due per cento delle misure prescritte, ovvero il mancato rispetto delle destinazioni e degli allineamenti indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore generale e nei piani particolareggiati di esecuzione.

2. È fatto obbligo al Comune di segnalare all’amministrazione finanziaria, entro tre mesi dall’ultimazione dei lavori o dalla segnalazione certificata di cui all’articolo 24, ovvero dall’annullamento del titolo edilizio, ogni inosservanza comportante la decadenza di cui al comma precedente.

3. Il diritto dell’amministrazione finanziaria a recuperare le imposte dovute in misura ordinaria per effetto della decadenza stabilita dal presente articolo si prescrive col decorso di tre anni dalla data di ricezione della segnalazione del comune.

4. In caso di revoca o decadenza dai benefici suddetti il committente è responsabile dei danni nei confronti degli aventi causa.”

La comprensione di tale articolo di legge non è immediata, in quanto richiede approfondite conoscenze in materia edilizia e fiscale per non essere male interpretato. Nella sostanza dispone che qualora si interviene su un fabbricato esistente per attuare opere manutentive, sia ordinarie che straordinarie, esse possono essere invalidate se l’immobile presenta delle difformità che eccedono la quantità de 2% rispetto al progetto originariamente assentito e che di conseguenza decadono le agevolazioni fiscali applicate in tema di detrazione delle spese sostenute.

Il tema è serio, in quanto una grossa parte del patrimonio immobiliare, realizzato prevalentemente negli anni ‘50 e ‘60, presenta difformità di vario genere. 

La ragione di ciò va trovata in diverse cause. Non va dimenticato che l’Italia nel secondo conflitto mondiale ha subito diversi bombardamenti ed altre azioni militari che hanno comportato la distruzione o la compromissione di 14 milioni di abitazioni. Il che significa che la metà della popolazione di allora era priva di casa o abitava in immobili precari. A conflitto terminato, i padri costituenti si trovavano davanti ad un immenso cumulo di macerie. Il forte impegno pubblico nella ricostruzione, è stato la prima risposta allo stato emergenziale che si era generato. Successivamente, negli anni ‘50, si è aperta una nuova fase più espansiva che doveva fare fronte anche alle migrazioni interne che si verificavano dalla campagna verso le grosse città, come Torino, Milano e Roma, ovvero laddove si verificava più intensamente la rinascita produttiva e l’accentramento dei poteri statali.

Tutto ciò viene raccontato in maniera semplicistica, cercando di riassumere ciò che è stato documentato negli annali della storia urbanistica italiana, per poi arrivare al punto. 

Durante la gestione pubblica della ricostruzione si seguivano criteri sommari, ma rigorosi e soggetti a controllo. In seguito, con lo sviluppo cooperativistico o più genericamente privato, favorito dall’assegnazione delle aree edificabili nel contesto di vigenti o nuovi strumenti urbanistici, i processi insediativi venivano regolati da convenzioni pubblico/privato, che successivamente si attuavano tramite la richiesta di autorizzazione presso il Comune di appartenenza, a seguito della quale si dava atto alla nuova costruzione. 

Sovente i progetti presentati erano sommari e in fase realizzativa richiedevano varianti. Terminata la costruzione, in diversi casi, si verificava che l’edifico veniva accatastato con delle variazioni mai presentate, tanto che nel tempo ci si è trovati con immobili censiti in maniera difforme dall’originario titolo autorizzativo. Ancora oggi alcuni proprietari ignari di ciò, scontano tale condizione.

La normativa attuale è intervenuta per consentire di regolarizzare in forma ordinaria le difformità, rendendo in parte superfluo emanare ulteriori provvedimenti straordinari quali le leggi emanate in tema di condono edilizio del 1985, 1994 e 2003.

Nel caso in cui l’amministratore condominiale assume l’incarico di gestire un immobile con difformità che riguardano parti comuni, egli ha il dovere di informare i suoi condomini e porre in essere tutte le procedure per regolarizzare l’illecito. Ciò rientra nella pratica degli atti conservativi inerenti alle parti comuni dell’edificio che compete all’amministratore stesso, ai sensi dell’art. 1130 comma 4, del codice civile, anche senza alcuna necessità di autorizzazione dell’assemblea dei condomini.

Ovviamente va analizzata la portata della difformità, che in tali casi si può rivelare non sanabile e soggetta quindi al ripristino dello stato legittimo attraverso la sua demolizione. Altro caso di frequente rilevato è la mancanza del titolo di agibilità dell’immobile. 

Tale titolo è essenziale sotto il profilo edilizio, in quanto esso viene richiesto all’amministrazione comunale a seguito della costruzione del fabbricato per attestare che l’immobile rispetta tutti i criteri di legge in termini di conformità catastali, impiantistiche, salubrità e sicurezza statica degli edifici. 

Anche in questo caso l’amministratore condominiale può compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio e quindi può procedere all’inoltro della richiesta di agibilità. Se il fabbricato ha delle difformità edilizie nelle sue parti comuni, esse vanno preventivamente sanate, in quanto il titolo di agibilità non è richiedibile in assenza del completo stato legittimo dell’immobile.

Tali pratiche di allineamento del fabbricato, per conseguire la sua conformità alla normativa vigente, sono dispendiose sotto il profilo economico e richiedono il supporto di un professionista qualificato. Di fronte a tali onerosità l’amministratore può incontrare resistenze da parte di alcuni condomini i quali, d’altro canto, devono rendersi conto che il passaggio di proprietà di immobili difformi, può comportare diverse difficoltà in sede di rogito notarile.

Sull’agibilità di fatto sussiste un vuoto normativo rispetto alla sua effettiva sussistenza nella compravendita dei beni immobiliari. Infatti, diverse sono le formule per eludere la sua presenza negli atti e il comportamento dei notai rispetto a ciò non sempre è univoco. Tuttavia in assenza di tale certificato, nel caso di contenzioso,            i giudici anno sentenziato che esso costituisce un requisito essenziale del bene compravenduto ed hanno quindi determinato la risoluzione del contratto.

In conclusione, se l’amministratore del codominio è in possesso di titoli edilizi del fabbricato, conformità catastale ad essi, collaudo statico della struttura del fabbricato, certificato di allaccio alla fogna pubblica, utenza idrica, regolari dichiarazioni di conformità degli impianti comuni, ovvero elettrico, messa terra, ascensore, centrale termica, con le relative verifiche periodiche, l’iter amministrativo per richiedere l’agibilità non presenta particolari difficoltà.

di Domenico Sostero, architetto
domenico.sostero@gmail.it

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