Torniamo su un punto molto discusso in questi mesi e su cui i lettori ci chiedono un parere legale. Quando è possibile da parte del condominio vietare l’apertura di un B&B. È certamente possibile ma in casi molto precisi e abbastanza rari.
Spieghiamo fin da subito che il regolamento di un condominio può vietare che un proprietario destini il proprio immobile all’esercizio di un’attività di B&B. Deve, tuttavia, trattarsi di un regolamento condominiale contrattuale che sia stato adottato dall’originario costruttore dello stabile e accettato espressamente dai singoli acquirenti, nei rispettivi atti di acquisto ovvero per esser stato adottato con il consenso unanime di tutti i condomini.
Un tal regolamento, di natura negoziale, può pertanto porre limitazioni al diritto proprietà del singolo condomino laddove tale limitazione sia funzionale a preservare il pacifico godimento delle altre unità condominiali oppure delle parti comuni dell’edificio.
Un regolamento condominiale di tal fatta potrebbe vietare o limitare le facoltà di disposizione delle singole unità immobiliari soltanto laddove esso contenga una clausola che, in maniera precisa e puntuale, limiti ovvero vieti al singolo condomino d’assegnare al proprio appartamento una diversa destinazione d’uso.
Ecco che, allora, alla presenza dei suddetti requisiti una clausola simile inserita all’interno di un regolamento contrattuale potrebbe, per esempio, proibire al singolo proprietario di destinare il proprio immobile all’esercizio di un’attività commerciale.
L’orientamento giurisprudenziale è tale per cui “… l’interpretazione dei regolamenti condominiali di origine contrattuale […] richiede al fine della individuazione di limiti all’utilizzo dei beni di proprietà esclusiva, che siano adoperate espressioni non equivoche, occorrendo che una limitazione al diritto di proprietà derivi da una precisa volontà del predisponente il regolamento…”. (Cass. Civ., Sez. II, Sentenza n. 21307 del 20 ottobre 2016).
Se ne deduce che la clausola contenuta nel regolamento condominiale deve essere formulata dal punto di vista letterale con espressioni chiare, non equivoche, che riveli la chiara e manifesta volontà del consesso condominiale di limitare ovvero vietare che gli immobili de quibus siano destinati a usi diversi.
L’ORIENTAMENTO DELLA CASSAZIONE
Quanto esposto è corroborato, in parte, dalla stessa posizione della giurisprudenza di legittimità. Infatti, in seno alla stessa giurisprudenza della suprema corte, si registravano due diversi indirizzi.
Secondo il primo, l’espressione contenuta in un regolamento condominiale contrattuale, che sancisca il divieto di adibire le unità immobiliari all’esercizio di attività commerciali, sarebbe sufficiente a ricomprendere in tal divieto anche l’attività di affittacamere, e ciò perché anche quest’ultima sarebbe assimilabile a un’attività alberghiera, perciò di natura commerciale.
In questa direzione, si afferma che “…tale attività, pur differenziandosi da quella alberghiera per sue modeste dimensioni, presenta natura a quest’ultima analoga, comportando, non diversamente da un albergo, un’attività imprenditoriale, un’azienda ed il contatto diretto con il pubblico…”. (Cass. Civ., Sez. II, Ord. n. 21562 del 7 ottobre 2020).
Posto che l’attività commerciale di affittacamere può esser assimilata anche a quella di un B&B, le ragioni sottese alla citata pronuncia dei giudici si rinvengono nelle considerazioni di natura oggettiva, vale adire nella cessione in godimento del locale, della somministrazione di luce ed acqua, nella prestazione di servizi personali, di servizi complementari, come la fornitura di biancheria per la stanza e per il bagno.
A tale indirizzo se ne contrappone un altro, di natura maggioritaria, a mente della quale il regolamento condominiale contrattuale può porre limiti alla facoltà di disposizione delle unità immobiliari laddove sia previsto da una clausola che, espressamente, vieti l’esercizio di determinate attività nel condominio anche mediante un’elencazione dei pregiudizi che si vogliono evitare.
A tal riguardo, la suprema corte stabilisce che “…il regolamento condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare. In quest’ultimo caso, peraltro, per evitare ogni equivoco in una materia atta a incidere sulla proprietà dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni chiare, avuto riguardo, più che alla clausola in sé, alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentate intende impedire…”. Cass. Civ., Sez.II, sentenza n. 21307 del 20 ottobre 2016, cit.).
Ne consegue, che la clausola di un regolamento condominiale potrebbe vietare l’attività di B&B soltanto laddove essa, in maniera espressa e puntuale, stabilisca il divieto per i singoli condomini proprietari di adibire il proprio immobile a una destinazione diversa.
Ed è altresì da notare che una clausola che vieti il cambio di destinazione d’uso dell’immobile non è tale da vietare, implicitamente, anche l’attività di B&B, in quanto, come precisato dalla stessa giurisprudenza, l’esercizio di tale ultima attività non comporta affatto il cambio di destinazione dell’immobile.
Valga in tal senso che “…la disposizione regolamentare, tenuto conto che l a destinazione a civile abitazione costituisce il presupposto per l’utilizzazione di una unità abitativa ai fini dell’attività di B&B […] non precludesse la destinazione delle unità di proprietà esclusiva alla detta attività…”. (Cass. Civ., Sez. II, Sentenza n. 24707 del 20 novembre 2024).
In altri termini, per vietare che il singolo proprietario adibisca il proprio immobile all’esercizio di un’attività di B&B, è necessario che il regolamento contrattuale di condominio, tramite una specifica clausola, lo stabilisca in maniera chiara e precisa.
Di contro, si rifugge, secondo i principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza che abbiamo visto, un’interpretazione estensiva delle clausole contrattuali la cui efficacia si vorrebbe estendere oltre i casi ivi contemplati espressamente.
Tale è anche l’orientamento della giurisprudenza di merito, secondo la quale l’interpretazione di una clausola contrattuale del regolamento che ponga limitazioni o divieti “…va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alle proprietà individuali, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggette”. (Trib. Roma, Sez. V, sentenza n. 80 del 4 gennaio 2022).
Nella stessa direzione si precisa che “…non esiste nella fattispecie alcuno specifico divieto di svolgere, all’interno delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, attività di bed and breakfast, limitandosi la norna regolamentare a vietare di destinare dette unità ad un uso diverso da quello di civile abitazione ed essendo la destinazione a civile abitazione presupposto per la destinazione delle stesse ai fini dell’attività commerciale di affittacamere…(…) essendo inammissibile un’interpretazione estensiva della detta norma regolamentare… ”. (Trib. Vicenza, sentenza n. 22 del 3 gennaio 2020).
Orbene, applicando quanto abbiamo visto fin qui, è possibile che all’interno di un condominio un proprietario destini il proprio immobile all’esercizio di un’attività di B&B, ma ciò sarebbe possibile soltanto laddove il regolamento di condominio non lo vieti (parliamo sempre di regolamento contrattuale).
Al fine di vietare l’esercizio di un B&B, pertanto, non può essere sufficiente che la clausola del regolamento condominiale vieti, in via generale, l’esercizio di un’attività commerciale o di affittacamere, in quanto, per i principi di diritto scrutinati in precedenza, tal clausola non può essere oggetto di un’interpretazione estensiva.
I B&B FASTIDIOSI
Laddove poi si evidenzi, in seno al consesso condominiale, che l’esercizio di un’attività di B&B, pur consentita dal regolamento contrattuale, sia di pregiudizio alla quiete del condominio, si potrà chiedere, presso il giudice competente, un provvedimento che inibisca la continuazione di una simile attività, purché si dimostri la ricorrenza di un pregiudizio concreto ed effettivo, anche attraverso la prova testimoniale, che tal attività nuoce alla quiete dei condomini oppure che la sua permanenza presenta dei problemi di igiene, di stabilità, di sicurezza. (Trib. Vicenza, sentenza n. 22/2020, cit.).
L’amministratore del condominio, al fine di agire in giudizio per ottenere anche in via d’urgenza un provvedimento inibitorio, è già legittimato ad agire senza che sia necessaria l’investitura da un’apposita deliberazione assembleare.
Con riguardo alla legittimazione ad agire dell’amministratore, in una fattispecie in cui questi domandava l’inibizione dell’esercizio dell’attività di un bar nei locali posti al pian terreno del condominio, la Cassazione ha statuito che“…curare l’osservanza del regolamento di condominio è compito precipuo affidato dall’art. 1130 c.c. all’amministratore, il quale pertanto è senz’altro abilitato ad agire e a resistere nei pertinenti giudizi, senza che occorra quell’apposita autorizzazione, che è richiesta dalla disposizione richiamata dalla ricorrente soltanto per le liti attive e passive esorbitanti dalle incombenze proprie dell’amministratore stesso…”. (Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 21841 del 25 ottobre 2010).
Infine, trattandosi di materia condominiale, ex art. 5, comma 1, del dlgs. n.28/2010, vige l’obbligo d’esperire il tentativo di mediazione, la cui celebrazione costituisce una condizione di procedibilità della domanda in sede giudiziaria.
QUANDO SI PUÒ BLOCCARE UN B&B
Sulla base delle superiori argomentazioni giuridiche, possiamo giungere alle seguenti conclusioni. Anzitutto, soltanto un regolamento condominiale di natura contrattuale può prevedere il divieto che le unità immobiliari dei singoli proprietari siano destinate ad un’attività commerciale ovvero ad un uso diverso da quello di civile abitazione.
Secondariamente, pur alla presenza di tal regolamento, è necessario che esso contempli, attraverso una specifica clausola il divieto che all’interno del condominio si possa esercitare un’attività commerciale di B&B, mediante un’elencazione delle attività vietate ovvero indicando i pregiudizi che si vogliono evitare vietando tale esercizio, non essendo consentita un’interpretazione estensiva delle clausole regolamentari.
Laddove, poi, nonostante il divieto regolamentare un condomino abbia destinato la propria unità immobiliare all’esercizio di un B&B ovvero di un’attività commerciale e/o professionale vietata, l’amministratore condominiale è legittimato, ex art. 1130, c.c., ad agire in giudizio al fine di far inibire la continuazione di tal attività. previo esperimento del tentativo di mediazione.
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di Filippo Simone Zinelli e Giovanni Stampone, avvocati
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