Tra la norma e la realtà dei fatti c’è una grossa differenza. Non si può ritenere che l’amministratore decada automaticamente dopo due anni dalla nomina senza che ne sia stato scelto un altro.
Larga parte della giurisprudenza e della dottrina ritiene che, trascorsi due anni dalla sua nomina, l’amministratore decada in modo automatico dalla carica. Cito, tra tante pronunce, il decreto n. 1967/2016 del tribunale di Roma del 10 marzo 2016, con il quale è stata rigettata la domanda di revoca per responsabilità grave dell’amministratore perché “spirato il termine di scadenza naturale del mandato, non può farsi luogo a revoca … deve infatti ritenersi che la revoca giudiziale dell’amministratore necessita che questi sia nella pienezza del mandato
Non sono d’accordo.
Che l’amministratore “cessi” allo scoccare dei due anni, come la carrozza di Cenerentola di nuovo zucca allo scoccare della mezzanotte, è in evidente contrasto con la realtà, con la logica e con le norme.
Ritengo infatti che l’amministratore rimanga in carica “sine die”, cioè senza limite di tempo, nella pienezza dei suoi poteri, nessuno escluso, fino a quando l’assemblea convocata ad hoc non nomini il nuovo amministratore e questi abbia accettato.
Pertanto, fino a quando l’amministratore non sia stufo o i condomini non intendano cambiarlo e quindi non venga deliberata la sua sostituzione, l’amministratore è l’amministratore.
La realtà dei fatti.
La sostanza delle cose deve prevalere sulla pura astrazione teorica. Cosa vuol dire che l’amministratore è cessato? O, meglio ancora, quando l’amministratore possa sentirsi libero da incombenze e responsabilità legate al suo incarico professionale?
Chiediamoci che cosa sarebbe legittimato a non fare l’amministratore “scaduto” perché sono trascorsi due anni dalla sua nomina e l’assemblea non abbia provveduto alla nomina del nuovo amministratore.
Ebbene, l’amministratore “cessato” perché scaduto il biennio non è esentato da alcun compito professionale. Infatti quale dei compiti prescritti dagli articoli 1129 e 1130 del codice civile egli non dovrebbe eseguire? E la terminologia non ha alcuna rilevanza, non ha alcuna importanza se lo si voglia definire amministratore in prorogatio, oppure amministratore a tutto tondo.
Le incombenze professionali cosiddette ordinarie
L’amministratore, anche dopo la scadenza del biennio, in assenza del subentro del nuovo amministratore, deve continuare ad eseguire le delibere. Deve convocare le assemblee per rendere il conto della sua gestione.
Nessun dubbio inoltre che, nelle more della nomina del nuovo amministratore, “l’amministratore/non-amministratore perché cessato” abbia il dovere di riscuotere le quote condominiali e pagare dipendenti e fornitori. Deve pagare il portiere e la polizza fabbricato. Altrettanto certo che debba eseguire gli adempimenti fiscali e curare la tenuta dei registri condominiali.
Ultimo, ma non ultimo, è certo che “l’amministratore/ non-amministratore cessato” risponda dinanzi al giudice penale, civile e amministrativo per le conseguenze delle sue mancanze professionali.
Al giudice penale, civile o amministrativo non può opporre come esimente l’argomento di essere “cessato” o di essere in prorogatio. Perché il punto fermo è il permanere della responsabilità fino a quando non venga sostituito da un nuovo amministratore.
Pertanto in carica o in prorogatio o cessato di fatto nulla cambia.
Gli atti urgenti
Circa l’obbligo di eseguire gli atti urgenti nessuna incertezza. È la norma stessa che impone in modo esplicito l’obbligo di eseguirli.
La realtà quotidiana ci dice quindi che l’amministratore che sarebbe cessato allo scadere dei due anni continua a svolgere tutte le sue mansioni, nessuna esclusa.
La logica
Amministratore cessato dall’incarico vuol dire, se diamo alle parole il loro corretto significato, che Tizio non è più l’amministratore di quel condominio.
Ma allora che cosa è?
Secondo la teoria della cessazione dopo due anni avremmo l’amministratore Tizio che non è più l’amministratore del condominio Via Garibaldi n. 1, ma:
a) agisce in nome e per conto del condominio Via Garibaldi n. 1, spendendo il nome del condominio;
b) incassa le quote dai condomini di Via Garibaldi n.1 e spende il denaro del condominio Via Garibaldi n. 1, cioè movimenta il c/c condominiale;
c) rappresenta il condominio Via Garibaldi n. 1 in sede di mediazione e processuale;
d) compie di sua iniziativa gli atti urgenti a tutela del condominio Via Garibaldi n. 1, cioè senza la copertura di una delibera;
e) risponde in sede civile, penale e amministrativa per errori e omissioni professionali compiuti nell’amministrazione del condominio Via Garibaldi n. 1.
Ebbene, considerato tutto questo, ritenere che il soggetto in questione non sia l’amministratore del condominio è puro non senso.
Un assurdo logico prima ancora che giuridico. E ribadisco: non ha alcuna rilevanza dire che sia in prorogatio oppure in carica a pieno titolo. Di sicuro non è cessato. La sostanza dei fatti prevale sulle definizioni nominali.
Le norme
Allora le domande da farsi sono due: la prima, quando l’amministratore sia “cessato” e la seconda, quando l’amministratore sia libero dal dovere di compiere atti inerenti al suo incarico e quindi da ogni responsabilità.
Sono due domande diverse, con due risposte diverse. Perché i due momenti non sono coincidenti.
Rileggiamo nella sua interezza l’ottavo comma dell’art.1129 c.c. allorché dispone che “alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso … ad eseguire le attività urgenti … “.
L’amministratore cessato deve consegnare la documentazione condominiale, ma a chi? A chi deve consegnarla?
La risposta è semplice. Al nuovo amministratore nominato che abbia comunicato la propria accettazione.
L’ottavo comma dell’art. 1129 c.c. quindi presuppone necessariamente che vi sia stata la nomina del nuovo amministratore.
Ergo l’amministratore è cessato quando viene nominato il nuovo amministratore e questi abbia accettato l’incarico ex art. 1129, 2° comma, c.c.
Non è cessato alla scadenza del biennio.
Pertanto, del tutto coerentemente, l’ottavo comma dell’art.1129 c.c. si preoccupa di imporre all’amministratore cessato di consegnare la documentazione al nuovo amministratore.
E poi gli impone anche di compiere gli atti urgenti. Deve compiere gli atti urgenti nell’intervallo di tempo che va dall’accettazione della nomina da parte del nuovo amministratore al passaggio delle consegne. Passaggio delle consegne che a volte avviene (sbagliando) dopo mesi.
Vale sia per l’amministratore nominato da un mese e subito cambiato, sia per quello che venga considerato in prorogatio perché amministra da anni dopo la scadenza temporale del mandato.
In entrambi i casi, a seguito della nomina e accettazione del nuovo amministratore, il vecchio amministratore cessa e deve fare due cose:
a) il passaggio delle consegne;
b) compiere gli atti urgenti.
Di conseguenza le due risposte alle due domande sono:
a) l’amministratore è cessato quando il nuovo amministratore nominato abbia accettato la nomina ex art. 1129 c.c., secondo comma.
b) l’amministratore uscente sarà esente da ogni responsabilità quando avrà eseguito il passaggio delle consegne al nuovo amministratore.
Il corollario di tutto ciò è che per un certo, limitato periodo di tempo, vale a dire dall’accettazione della nomina al completamento del passaggio delle consegne, si potranno avere, in caso di evento dannoso, due soggetti corresponsabili: l’amministratore uscente e l’amministratore entrante.
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di Ferdinando della Corte, Avvocato
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