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I REATI IN AMBITO CONDOMINIALE: GLI ATTI PERSECUTORI

Febbraio 28, 2025
in Normativa
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I REATI IN AMBITO CONDOMINIALE: GLI ATTI PERSECUTORI
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Con questo articolo iniziamo un percorso tra i più comuni reati che riguardano la vita condominiale, cominciando da quelli che vengono comunemente definiti di stalking. Cosa c’è da sapere per riconoscere, individuare e in caso denunciare, un reato così grave. 

Forse non tutti sanno che il condominio, luogo nel quale abbiamo le nostre abitazioni e nel quale, per quanto possibile, cerchiamo riparo da interferenze e fastidi, è invece il contesto nel quale si consumano, sovente, i più diversi tipi di reato. 

Ciò non perché si abbia a che fare, necessariamente, con vicini “criminali”, ma perché i rapporti umani, ed in special modo proprio quelli di vicinanza, possono talvolta degenerare, dando luogo a dissidi e contrasti tali da ricadere nella commissione, non sempre del tutto consapevole, di reati. 

Reati, il più delle volte, commessi da condomini ai danni di altri condomini, e che altre volte coinvolgono, o come soggetto passivo o attivo, altre figure addette a vario titolo alla cura del condominio. 

Infatti, dando anche solo una rapida scorsa alle raccolte di giurisprudenza, si potrà notare come i giudici penali sono chiamati a giudicare reati quali la diffamazione (art. 595 del codice penale), la minaccia (art. 612 c.p.), le molestie (art. 660 c.p.), il getto pericolo di cose (art. 674 c.p.), la violazione e sottrazione di corrispondenza (art. 616 c.p.), violazione di domicilio (art. 614 c.p.) nonché i più gravi reati di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) e financo di estorsione ( art. 629 c.p.), commessi ed agevolati dal contesto condominiale. 

In questa sede vogliamo soffermaci su uno solo di questi reati, quello di cui all’art. 612 bis del codice penale: atti persecutori, altrimenti detti stalking, onde fornire delle indicazioni a chi pensa di essere vittima di reato e indurre una riflessione a chi rischia, con la propria condotta, di consumarlo. 

Ebbene, una recente sentenza della V sezione penale della Corte di Cassazione, la n.28340/19, può aiutarci in tal senso. 

Ad avviso dei giudici di legittimità è senz’altro configurabile lo stalking in ambito condominiale. Ed infatti la Cassazione ha ritenuto sussistente il reato a carico di alcuni condomini che avevano pesantemente minacciato i vicini, all’interno delle parti comuni, in modo da cagionare un fondato timore per l’incolumità loro e dei loro familiari e da fare loro cambiare le abitudini di vita, avendo compiuto anche atti incendiari e di danneggiamento degli immobili (Guida al diritto 2019, 34, 24). 

Il fatto esaminato era particolarmente grave, tuttavia, ai fini della configurazione del reato è sufficiente molto meno. Invero, secondo la giurisprudenza citata, il delitto di atti persecutori è integrato anche da due sole condotte di minaccia, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco temporale, idonee però a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale (Guida al diritto 2019, 40, 85). 

Ciò in quanto, secondo il dettato della legge, il reato si realizza quando vi sono reiterate condotte di minaccia o molestia tali da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o paura ovvero da ingenerare un fondato timore per la incolumità propria o di un familiare (o di persona legata da relazione affettiva) ovvero costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. 

Tale condotta è punita con la reclusione da un anno fino a sei anni e sei mesi e sono previsti aumenti nel caso in cui il reato sia stato commesso dal coniuge, anche se separato o divorziato, o da persona legata da relazione alla persona offesa, o attraverso strumenti informatici o telematici. 

La pena, inoltre, può essere aumentata fino alla metà nel caso in cui il reato sia stato commesso ai danni di minori, donne in gravidanza o persone affette da disabilità (ex art 3 L. n.104/92), o con armi o da persona travisata. Il reato è punibile a querela della persona offesa, il cui termine è di sei mesi dall’ultimo episodio illecito, e la eventuale remissione può avvenire solo innanzi al giudice. Tuttavia, la querela è irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce gravi reiterate. 

Si procede d’ufficio, invece, se il fatto è stato commesso ai danni di minori o disabili (ex art. 3 legge 104/92), nonché quando il fatto è connesso con altro delitto procedibile d’ufficio. Il reato è, altresì, procedibile d’ufficio (e la pena è aumentata) anche nel caso in cui l’autore sia stato già ammonito dal Questore. Infatti, fino a quando non è stata proposta la querela, la persona offesa, rivolgendosi alle forze dell’ordine, può chiedere al questore di ammonire l’autore della condotta illecita (ammonimento che, in taluni casi, determina la cessazione delle condotte illecite). 

Si rammenti, infine, che anche nei casi procedibili a querela, non è mai ammessa l’estinzione del reato per condotte riparatorie.
© Riproduzione riservata 

di Mirko Scorsone, Avvocato Penalista 
mirkoscorsone.avvocato@gmail.com 

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