La giurisprudenza ha chiarito che solo i singoli condomini possono vedersi riconosciuta l’usucapione di un bene. Il condominio invece non può esercitare questo diritto anche su parti di cui usufruisce da molto tempo.
L’usucapione è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario che si consegue con il possesso della cosa protratto per un certo periodo di tempo. Acquisire il titolo di “proprietario” del bene implica l’assunzione dei diritti e dei doveri che ne conseguono.
In condominio, il singolo condomino può usucapire un bene comune senza che sia necessaria una vera e propria interversione del possesso. È necessario che gli altri condomini si siano astenuti dall’uso del bene comune e che egli dimostri di aver goduto del bene stesso attraverso un proprio possesso esclusivo, in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare un’inequivoca volontà di possedere come titolare esclusivo e non più come condomino senza alcuna altrui opposizione, per tutto il tempo necessario per usucapire (Cassazione sentenza n. 20039/2016, sent. n. 17322/2010).
La stessa possibilità di usucapire un bene appartenente a terzi non è riconosciuta all’intero condominio ma è facoltà di esclusiva competenza dei singoli condomini. Il condominio è un mero ente di gestione mentre la titolarità dei beni, sia quelli in proprietà individuale che quelli in proprietà comune, spetta ai singoli condomini. Ne consegue che un’azione quale quella finalizzata ad usucapione, che miri ad accrescere l’entità dei beni comuni previsti dall’articolo 1117 del codice civile, non può mai essere esercitata dal condominio ma solo dai singoli condomini, potendo solo questi ultimi divenire titolari pro-quota del bene usucapendo e degli obblighi e degli oneri ad esso correlati.
Tale azione esorbita dai poteri dell’assemblea la quale può deliberare, con le prescritte maggioranze, solo sulle questioni che riguardano parti comuni dell’edificio oppure sulle liti attive e passive che, esorbitando dalle attribuzioni istituzionali dell’amministratore, riguardano pur sempre la tutela dei diritti dei condomini su tali parti, ma non anche sulle questioni concernenti l’esistenza, il contenuto o l’estensione dei diritti spettanti ai condomini in virtù dei rispettivi acquisti, diritti che restano nell’esclusiva disponibilità dei titolari.
Anche l’amministratore non è legittimato, senza autorizzazione, all’esperimento di azioni reali contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità o al contenuto di diritti su cose e parti dell’edificio, compresa l’usucapione, a meno che non rientrino nel novero degli atti meramente conservativi. Lo stesso può esercitare l’azione per il riconoscimento dell’usucapione solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascun condomino (Cassazione sent. n. 21826/2013, tribunale di Napoli 14 febbraio 2005).
A tale conclusione è giunto anche il tribunale di Roma (sentenza n. 588/2022) che ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva del condominio che aveva agito in giudizio per sentir dichiarare l’avvenuto acquisto per usucapione di una cantina, formalmente di proprietà del convenuto, assumendo di averne avuto l’uso da oltre trent’anni.
La controparte ne aveva richiesto la restituzione solo nel 2019 dopo che, nel tentativo di accedere al locale cantina di sua proprietà, si era accorto che la serratura del lucchetto era stata cambiata. Il convenuto eccepiva, per quel che qui interessa, il difetto di legittimazione attiva del condominio. Il giudice ha accolto l’eccezione riconoscendo titolari dell’azione solo i singoli condomini o l’amministratore qualora fosse stato investito di un mandato speciale rilasciato da ciascun condomino che, però, nella specie non sussisteva.
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di Luigi De Santis, Avvocato
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