Pl Tar del Lazio si è espresso sulle condizioni che consentono di sanare il possesso senza titolo degli immobili di proprietà degli enti previdenziali. Il tribunale ha affermato che anche laddove la parte istante sia titolare di altro bene immobile l’amministrazione è comunque tenuta a prendere in considerazione l’effettiva adeguatezza di quest’ultimo rispetto alle esigenze del nucleo familiare prima di opporre formale diniego.
Il Tar del Lazio ha pronunciato un’importante sentenza in materia di gestione del patrimonio immobiliare da reddito degli enti pubblici previdenziali, con particolare riferimento alle ipotesi di cosiddetta “sanatoria” volte a “regolarizzare” il possesso dell’immobile allorquando questo non sia seguito ad un atto amministrativo di assegnazione.
In particolare, la vicenda trae origine da un procedimento nell’ambito del quale un nucleo familiare richiedeva all’ente pubblico di poter sanare il possesso dell’immobile già concesso in godimento ad alcuni familiari, nel frattempo defunti.
Già in sede procedimentale gli istanti rappresentavano all’amministrazione di essere titolari di altro immobile di cui erano proprietari e che, tuttavia, non poteva ritenersi idoneo alle esigenze del nucleo familiare. Infatti, ragioni di salute concretamente dimostrate impedivano loro di vivere nell’immobile di loro proprietà sito in altro comune limitrofo.
A seguito di apposita istanza volta alla regolarizzazione del possesso dell’immobile, dopo aver corrisposto il dovuto a titolo di locazione per il periodo pregresso alla conclusione del procedimento di sanatoria l’ente pubblico esprimeva diniego al perfezionamento della fattispecie autorizzativa, rilevata in capo agli istanti la proprietà di altro immobile che avrebbe rappresentato condizione di per sé ostativa al perfezionamento del procedimento di sanatoria nel godimento dell’alloggio pubblico.
Anche a fronte della rappresentata inidoneità dell’immobile a ospitare il nucleo familiare per le descritte ragioni di salute, l’ente pubblico persisteva nell’escludere la possibilità di sanatoria ribadendo la tesi per cui la titolarità di un altro immobile avrebbe escluso di per sé la possibilità di ottenere la concessione in godimento di un’altra unità immobiliare.
Senonché, a seguito di apposito ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale i ricorrenti sono riusciti a ottenere l’annullamento del provvedimento di diniego opposto dell’ente pubblico. In particolare, documentando quanto già dedotto in sede procedimentale a proposito della grave malattia che interessa uno dei componenti del nucleo familiare, il tribunale ha ritenuto fondata l’impugnazione rilevando che l’ente pubblico avrebbe dovuto valutare – nella comparazione dei contrapposti interessi – il requisito della “adeguatezza” dell’alloggio di proprietà dei ricorrenti, tenendo espressamente in considerazione le eccezionali condizioni di salute di uno di costoro e che pure erano già state rappresentate in sede procedimentale alla pubblica amministrazione come elementi ostativi ad abitare l’immobile di proprietà degli istanti.
Del resto, secondo il Tar, il requisito della “adeguatezza” dell’alloggio richiesto dalla normativa di settore non deve riferirsi necessariamente a “criteri di natura oggettiva e immediatamente rinvenibili in modo chiaro e incontroverso (ad es. rapporto tra metri quadrati e numero di persone componenti il nucleo familiare) e giammai a criteri di natura diversa quali ad esempio le condizioni di salute dei componenti il nucleo familiare”. I requisiti per accedere al programma di regolarizzazione previsto nei confronti degli occupanti sine titulo di immobili di proprietà di enti pubblici previdenziali consistono nel regolare versamento dei canoni di locazione, anche a sanatoria, e nel non essere proprietari di altra abitazione “adeguata” alle esigenze del nucleo familiare nel Comune di residenza. Da ciò si ricava che la proprietà di un altro immobile non è preclusiva di per sé della possibilità di sanare il possesso di un’unità del patrimonio immobiliare pubblico, poiché ciò che risulta ostativo è la proprietà di un’altra “abitazione adeguata” entro cui il nucleo familiare interessato può legittimamente e dignitosamente abitare rispetto a quello di proprietà dell’ente.
Secondo quanto affermato dal tribunale diviene centrale la valutazione del concetto di “adeguatezza” dell’alloggio di proprietà poiché la norma non individua un criterio “statico” al fine di discernere ciò che è “adeguato” da ciò che non lo è. Le circostanze che permeano la vicenda devono imporre all’ente pubblico di esprimere diniego sull’istanza di regolarizzazione soltanto a valle di una rigorosa e puntuale istruttoria in ordine alla sussistenza, o meno, del requisito di “adeguatezza” riferito all’abitazione già di proprietà dei ricorrenti, tenuto altresì conto delle specifiche e documentate condizioni di salute del soggetto istante.

di Filippo Simone Zinelli e
Carmine Genovese, avvocati
f.zinelli@lawtaxgovernance.com – c.genovese@lawtaxgovernance.com