I disagi che possono derivare dall’installazione di un ascensore per i condomini che non lo hanno richiesto vengono compensati dalla migliore utilità del bene dovuta all’ascensore.
È circostanza nota che all’interno di un condominio nel quale sia originariamente presente un ascensore, lo stesso, ai sensi dell’art. 1117 codice civile, sia da considerarsi oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio se non risulta il contrario da altro titolo, ma cosa accade in caso di successiva installazione?
Ben si può avere il caso di immobile, solitamente d’epoca e di pregio artistico ovvero non particolarmente risalente nel tempo ma di edilizia povera, che ne sia sprovvisto per cui qualcuno si attivi per realizzarne uno.
In caso di consenso unanime dei condomini all’installazione, il bene, una volta messo in opera, sarà considerato comune a tutti i partecipanti, con conseguente onere di contribuzione alle spese di realizzazione e manutenzione ed identica possibilità di utilizzo.
Qualora, invece, l’iniziativa provenisse da uno o più condomini, solo questi parteciperanno alle relative spese e ne saranno proprietari con facoltà, tuttavia, di concederne l’utilizzo ad altri condomini che in origine non avevano aderito all’iniziativa, a fronte di una loro partecipazione alle spese di installazione e manutenzione.
A fronte di una richiesta di installazione le principali obiezioni mosse sono da ricondursi all’aspetto economico, per il quale vi è come visto la possibilità di non partecipare (e di non usufruirne), ma spesso viene lamentata la riduzione del godimento di beni comuni già esistenti, quali scale, pianerottoli, androni ecc., ai sensi dell’art. 1102 c.c. ovvero eccepita la violazione dell’art. 1120 del codice civile, relativo alle innovazioni, soggette ad approvazione a maggioranza qualificata ai sensi dell’art. 113 c.c. (maggioranza degli intervenuti ed almeno due terzi del valore dell’edificio), in luogo della maggioranza semplice (maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno un terzo del valore ed un terzo dei partecipanti al condominio, in seconda convocazione).
Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere ammissibile l’installazione riconducendola nell’alveo del miglior godimento del bene di cui all’art. 1102 c.c., la cui portata tende ad evitare che un partecipante alla comunione impedisca ad altri l’utilizzo del bene, in attuazione della modifica per il miglior uso o godimento.
Così, se alcuni condomini intendono installare un ascensore devono aver cura di non alterare il decoro dell’immobile né pregiudicarne la sua stabilità, senza compromettere il diritto di godimento altrui del medesimo bene, potendo far accertare in giudizio tale loro diritto qualora l’assemblea si esprima in senso contrario.
Trattandosi di miglior godimento la giurisprudenza chiamata a pronunciarsi su simili questioni, ha avuto modo di stabilire che la minima eventuale riduzione di godimento di parti comuni quali scale, anditi, pianerottoli, spesso ridotti per far spazio all’impianto, venga ampiamente compensata dalla miglior utilità derivante dall’installazione di un ascensore.
Se anche venisse eliminata la possibilità di godimento di un bene, la sua più intensa utilizzazione è facoltà da ricondurre all’art.1102 c.c., da considerarsi dunque legittima in virtù della compensazione con utilizzo di contenuto migliore della cosa comune. Alcune pronunce avevano quale oggetto del contendere l’utilizzo ed il godimento della tromba delle scale nella quale veniva a posizionarsi l’ascensore.
Sussiste dunque un uso e non una innovazione (ex art. 1120 c.c.) quando le modifiche apportate non rendano inservibili all’uso alcune parti dell’immobile, ma non certo in caso di mero disagio, scomodità d’uso o riduzione lieve del godimento, compensata dalla maggior utilità.
Deve osservarsi come la facoltà di installare un ascensore in immobile che ne sia originariamente privo è riconosciuta anche al singolo condominio, per esigenze dettate da mobilità ridotta, età o altro, il quale potrà far fronte in via esclusiva alle spese. Anche in questo caso non si ritiene applicabile l’art. 1120 c.c., che non prevede per le innovazioni la facoltà di accollo integrale delle spese del condomino, bensì l’art. 1102 c.c. che consente di sostenere le spese necessarie alla modifica.

di Fabrizio Pacileo, avvocato
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