I proprietari spesso non sanno quale sia la natura effettiva della propria cantina o quella che immaginano non è corretta. Vediamo cosa dice il Catasto per non sbagliarsi.
Ultimamente capita di imbattersi sui social media in vignette che mettono a confronto i diversi modi di guardare a un immobile: quello del proprietario, di un possibile acquirente, della propria banca, del perito dell’assicurazione o del fisco. Un esempio tipico è il caso delle cantine che da sempre sono considerate accessori dell’unità immobiliare principale.
Orbene, a dare una lettura diversa è intervenuta una circolare della direzione centrale Catasto dell’Agenzia delle Entrate (la n. 2 del 1° febbraio 2016) che, nell’ambito di una più ampia trattazione delle unità immobiliari urbane a destinazione speciale e particolare, ha interessato anche le cantine, i depositi e le autorimesse.
In particolare al punto 3.3.2 viene specificato che all’atto della dichiarazione di nuova costruzione le autorimesse, le cantine ed i depositi aventi accesso autonomo dalla strada, da corte esclusiva e/o da parti comune devono essere considerate come unità immobiliari a sé stanti; diversamente se le porzioni immobiliari destinate a cantina o deposito sono direttamente comunicanti con l’abitazione, allora ne costituiscono di fatto una pertinenza.
Ma cosa succede per tutti gli immobili già censiti al Catasto?
A far data dal 1° luglio 2020 tutte le unità immobiliari interessate da eventi che richiedano la variazione in Catasto, laddove nella scheda catastale (la cosiddetta planimetria catastale) sia rappresentata anche la cantina e/o il deposito che abbia accesso autonomo da corte esclusiva o da parti comuni, dovranno essere altresì oggetto di divisione, andando a censire la cantina o il deposito come nuova unità immobiliare autonoma dotata di propria autonomia funzionale e reddituale.
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di Federico Tudini, geometra
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