Che succede se un singolo condomino è in causa con il condominio? Deve essere convocato all’assemblea che discute della lite? Cosa dice la Cassazione
Con sentenza n. 7491 del 20 marzo 2025, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha affrontato e risolto la questione se, all’assemblea chiamata a pronunciarsi sulla costituzione del condominio in un giudizio promosso o comunque pendente con un condomino, quest’ultimo debba essere ritualmente convocato alla riunione ai sensi dell’art. 66 delle disposizioni attuative del codice civile avendo diritto di parteciparvi.
La questione sottoposta all’attenzione della corte riguarda la riforma della sentenza della Corte di Appello di Palermo che aveva ritenuto invalida una delibera impugnata per omessa convocazione alla riunione della controparte. In particolare, una condomina aveva convenuto in giudizio il condominio, chiedendo l’annullamento della delibera assembleare che aveva conferito a un legale l’incarico di costituirsi nel giudizio di appello promosso dall’esponente nei confronti del condominio, nonché di verificare la legittimità dell’attività dalla stessa esercitata nel seminterrato di sua proprietà dello stabile, assumendo l’invalidità della deliberazione per difetto della sua convocazione alla riunione
La questione è stata risolta dalla suprema corte con l’ordinanza n. 3192 del 2 febbraio 2023. La ragione di tale orientamento risiede nella considerazione che, nell’ipotesi di controversia tra lo stabile e uno o più condomini, la compagine condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di abitanti dello stabile in contrasto tra loro: da un lato coloro che sono chiamati a deliberare sul promuovimento dell’azione o sulla sua resistenza, dall’altro i destinatari di tale decisione, quale parte avversa nel giudizio.
Ora, la descritta scissione della compagine condominiale in due gruppi di partecipanti, portatori di contrapposti interessi, non può non avere riflessi sulle regole che disciplinano lo svolgimento dell’assemblea e sulle relative maggioranze, in modo sostanzialmente analogo alle regole che trovano applicazione nel condominio parziale, fattispecie in cui al mutamento della stessa compagine condominiale segue la modifica della stessa composizione dell’assemblea e delle maggioranze.
Il tratto saliente della situazione descritta, dato dalla contrapposizione di posizioni tra uno o più condomini e gli altri partecipanti, porta a escludere, quanto all’attività dell’organo assembleare, che essa possa essere ricondotta alla figura del conflitto di interessi (art. 2373 c.c.), che ha carattere sempre potenziale e rileva in quanto produca effettivamente uno sviamento dell’interesse collettivo, sottoponendolo a quello individuale. Situazione che, potendo manifestarsi soltanto in sede di assemblea al momento del voto, comporta che il partecipante che versa in conflitto sia computato ai fini sia del “quorum” costitutivo che di quello deliberativo, salva la sola facoltà di astensione (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2015, n. 19131).
La situazione che si riscontra con riguardo alla deliberazione assembleare relativa alla controversia tra il condominio e il singolo condomino è invece sostanzialmente diversa ed il suo tratto saliente è dato dalla formale e sostanziale estraneità del singolo in causa rispetto alle determinazioni che la compagine condominiale è chiamata ad assumere. La regola applicabile non è pertanto quella del conflitto di interessi, quanto, più propriamente, della estraneità della parte che ha citato in giudizio il condominio o che da questi è stata convenuta rispetto al tema su cui l’assemblea è chiamata a pronunciarsi e sulla relativa determinazione.
Ne discende, quanto allo specifico tema della questione controversa, che nemmeno è giuridicamente configurabile il solo interesse del condomino in lite ad accedere e partecipare alla riunione, non potendo tale diritto essere scisso da quello dell’esercizio di voto. Al di fuori della peculiare ipotesi prevista dall’art. 10, comma 2, legge n. 392 del 1978, non esiste infatti un distinto diritto alla convocazione per la sola fase preparatoria della riunione, consistente nel dibattito antecedente al momento deliberativo, dal momento che l’intervento del partecipante nella discussione assembleare è finalizzato a portare a conoscenza degli altri presenti le ragioni del proprio voto di assenso o dissenso sull’argomento contenuto nell’ordine del giorno (Cass. civ. n. 3192 del 2023).
La stessa regola, del resto, è applicata nel caso in cui l’assemblea condominiale sia chiamata a ripartire internamente le spese di lite affrontate in una controversia con un condomino. La giurisprudenza di legittimità ha sul punto precisato che deve considerarsi nulla, per impossibilità dell’oggetto, la deliberazione dell’assemblea che ponga tali spese anche a carico del condomino in lite, trattandosi di prestazioni rese a tutela di un interesse opposto a quest’ultimo (Cass. civ. n. 1629 del 2018; Cass. civ. n. 13885 del 2014; Cass. civ. n. 801 del 1970).
In conclusione, la suprema corte ha ribadito il principio che, in caso di deliberazione assembleare volta ad approvare il promovimento o la prosecuzione di una controversia giudiziaria tra il condominio e un singolo, non sussiste il diritto di quest’ultimo, che è portatore unicamente di un interesse contrario a quello rimesso alla gestione collegiale, a partecipare all’assemblea, né, quindi, la legittimazione dello stesso a domandare l’annullamento della delibera per omessa, tardiva o incompleta convocazione.
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Di Rossella Ceccarini, avvocato
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