È legittimo che un condomino usi molto più degli altri delle parti comuni dell’edificio? La risposta non è scontata e soprattutto è bene conoscerla per sapere quali sono i propri diritti e quando il nostro vicino sta effettivamente travalicando le norme.
“Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.”
Queste poche righe di introduzione provengono dall’articolo 1102 del codice civile, uno degli articoli fondamentali del diritto condominiale, ma nel contempo è il più sottovalutato e spesso del tutto ignorato, con rilevanti conseguenze negative. È anche una delle norme di riferimento, insieme agli articoli 1122 bis, 2° comma c.c. e l’art. 1123, 2° comma c.c. quando si parla di uso privato dei beni comuni, di cui cercheremo di tratteggiare i contorni giuridici. L’art. 1102 ci dice due cose di primaria importanza:
A) che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune;
B) che egli può modificare il bene comune per il miglior godimento della cosa.
Dobbiamo sempre avere ben presenti questi due punti essenziali, perché l’errore più frequente è leggere la norma ponendo l’attenzione sui limiti all’esercizio del diritto, anziché sul fondamentale riconoscimento del diritto di ciascun condomino di avvalersi della cosa comune, finanche modificandola, a vantaggio esclusivo della propria unità immobiliare.
Perché “beni condominiali” non vuol dire “beni di proprietà del condominio” come ritengono molti, bensì “beni di proprietà dei condomini”. La differenza è sostanziale: sono i singoli condomini i comproprietari dei beni condominiali. Il condominio non ne è proprietario.
Ogni singolo condomino è comproprietario per intero di tutti i beni comuni, non è proprietario di una quota pari alla sua caratura millesimale.
Come proprietario del bene comune, quindi come titolare di tutti i diritti che competono al proprietario di un bene, il singolo condomino ha il diritto di usarlo a proprio vantaggio senza necessità di una preventiva autorizzazione condominiale.
Va ribadito con forza e fermezza il concetto cardine: ogni condomino “può usare la cosa comune a suo piacimento, secondo le proprie convenienze e nella sua interezza quale che sia la sua quota della comproprietà” (Codice del Condominio, Diretto da Alberto Celeste, Giuffrè Editore, anno 2018, pag. 164).Quindi l’uso più intenso di un bene condominiale da parte di un condomino è legittimo. Ma cosa si intende per uso “più intenso”?
L’uso più intenso si verifica nel caso in cui un condomino tragga da un bene comune delle utilità maggiori e a volte anche diverse rispetto a quelle di cui godono gli altri condomini.
Ad esempio vi è un uso più intenso del bene comune allorché un condomino utilizzi per qualche giorno il locale condominiale per collocarvi dei mobili mentre esegua un lavoro nel suo appartamento.
Del pari sono legittimi perché costituiscono un “uso più intenso della cosa comune” la collocazione del motore del condizionatore o di una canna fumaria sulla facciata condominiale o di un’antenna sul lastrico condominiale, sempre beninteso nel rispetto dei limiti generali sopra evidenziati.
Forse l’esempio più eclatante di uso più intenso legittimato dall’art.1102 c.c. è il diritto per una minoranza di condomini, ma anche di uno solo, di realizzare a proprie cure e spese l’installazione ex novo di un impianto ascensoristico all’interno dell’edificio, collocandolo nella tromba delle scale, tagliando i gradini, aprendo le porte di sbarco nelle pareti condominiali etc etc.
Così come è una estrinsecazione del diritto di uso più intenso del bene comune quanto previsto dall’art.1122 bis, 2° comma, c.c., introdotto dalla legge 220/2012: “E’ consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell”interessato”
L’art.1122 bis c.c. autorizza e disciplina in modo specifico il diritto di ciascun condomino di utilizzare a proprio esclusivo beneficio il lastrico solare o altro bene comune per installarvi un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ipotesi più comune gli impianti fotovoltaici.
I PRINCIPALI LIMITI AL DIRITTO ALL’USO DELLA COSA COMUNE
1) L’art. 1102 c.c. rientra nel novero delle norme derogabili da idonea convenzione. Pertanto una norma contrattuale del regolamento di condominio può vietare determinati usi o la realizzazione di opere sul bene comune che altrimenti sarebbero leciti in forza proprio dell’art. 1102 c.c.;
Ma, attenzione, una norma contrattuale può comprimere fino a ridurre in modo significativo il diritto, ma non può cancellarlo totalmente;
2) È illegittima qualsiasi attività che possa minacciare la stabilità dell’edificio o la sicurezza delle persone. In pacifica applicazione analogica di quanto previsto dal IV comma dell’artt. 1120 c.c. nel caso delle innovazioni;
3) È illegittima l’alterazione “della destinazione originaria” del bene comune. Ad esempio il lastrico solare “destinato” alla funzione di stenditoio deve rimanere stenditoio (art.1102);
4) Il singolo condomino non deve utilizzare a proprio esclusivo vantaggio un bene comune impedendo il pari uso agli altri condomini (art. 1102 c.c.);
5) È illegittima qualsiasi opera che alteri il decoro architettonico dell’edificio. In pacifica applicazione analogica di quanto previsto dal IV° comma dell’artt. 1120 c.c. per le innovazioni;
6) Il singolo condomino può opporsi a qualsiasi opera che rechi danno alla sua unità immobiliare.

di Ferdinando della Corte, avvocato
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