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Morte di un condomino moroso con eredità vacante, come si recuperano i crediti

Marzo 10, 2025
in Normativa
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Morte di un condomino moroso con eredità vacante, come si recuperano i crediti
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In questo articolo parleremo di un caso molto particolare che si potrebbe verificare in un condominio: il recupero dei crediti condominiali da parte dell’amministratore relativi ad un immobile il cui proprietario è deceduto e i figli rinunciano all’eredità. Esamineremo come si dovrebbe comportare l’amministratore per recuperare i crediti condominiali. Esponiamo innanzitutto il caso concreto che andremo ad esaminare.

Il condominio di via Poggibonsi è costituito da 12 unità immobiliari e un anziano condomino molto malato, il sig. Giovanni Bianchi dell’int. 5B non ha pagato gli oneri condominiali degli ultimi due anni e nell’ultimo anno sono stati deliberati ed appaltati dall’assemblea lavori di manutenzione della facciata. Il debito del condomino moroso ammonta a circa 8.000 euro. L’amministratore di condominio in questo lasso di tempo ha provveduto solo ad effettuare dei solleciti di pagamento senza fare ulteriori azioni. I condomini sono molto preoccupati per le finanze condominiali e sollecitano l’amministratore di effettuare azioni più incisive. Nel frattempo, il condomino decede. L’amministratore a questo punto si rivolge ai due figli inviando loro le richieste di pagamento dei ratei condominiali scaduti ma questi comunicano all’amministratore di aver rinunciato all’eredità.

Cosa deve fare a questo punto l’amministratore per il recupero del credito?   Vediamo innanzitutto in cosa consiste la rinuncia all’eredità: è un atto formale con cui un erede dichiara di non voler accettare l’eredità di un defunto. Affinché sia valida e opponibile a terzi (incluso il condominio in caso di debiti del defunto), la rinuncia deve rispettare precise condizioni e modalità stabilite dalla legge.

LARINUNCIA ALL’EREDITÀ

La rinuncia all’eredità deve essere effettuata con dichiarazione formale dinanzi a un notaio in atto pubblico, oppure presso la cancelleria del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione (generalmente il tribunale dell’ultima residenza del defunto). La rinuncia deve essere espressa e inequivocabile. La rinuncia non può essere implicita o desunta da comportamenti passivi; deve essere formalizzata in modo chiaro. Non essere parziale, condizionata o a termine, non è possibile rinunciare a una parte dell’eredità o porre condizioni. Non può essere effettuata dopo l’accettazione tacita. Qualsiasi atto che implichi la volontà di accettare l’eredità (es. vendita di un bene ereditario, pagamento di debiti del defunto) impedisce la rinuncia successiva.

Se l’erede potenziale è un minore, un interdetto o un inabilitato, è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare per la rinuncia. La richiesta deve essere presentata dal tutore, che deve dimostrare che la rinuncia è nell’interesse del tutelato (es. patrimonio ereditario gravato da debiti superiori ai beni). Ma cosa accade se tutti gli eredi rinunciano?

Se tutti gli eredi rinunciano l’eredità diventa vacante e viene devoluta allo Stato (art. 586 c.c.). Lo Stato risponde dei debiti solo nei limiti del valore dei beni acquisiti. I beni devoluti allo Stato sono gestiti dall’Agenzia del Demanio.

Ma cosa deve contenere l’atto di rinuncia?

Devono essere riportati idati identificativi del rinunciante (erede potenziale).I dati del defunto (nome, data di morte, ultimo domicilio).L’esplicita dichiarazione di rinuncia all’eredità e la sottoscrizione del rinunciante.

L’erede ha un termine per rinunciare all’eredità, che varia in base alle diverse situazioni in cui ci troviamo.  Il termine ordinario è di 10 anni per decidere se accettare o rinunciare all’eredità, calcolato dalla data di apertura della successione (data del decesso).Se un creditore del defunto o un altro terzo chiede all’erede una decisione (con un atto formale o un ricorso giudiziario), il giudice può fissare un termine più breve per accettare o rinunciare.

Ma in cosa consistono gli effetti della rinuncia all’eredità?

La rinuncia ha i seguenti effetti giuridici: l’esclusione dalla successione, chi rinuncia è considerato come mai chiamato all’eredità; la trasmissione agli altri eredi, la quota del rinunciante passa agli altri eredi secondo le regole di legge.

Se sono presenti coeredi, la quota si accresce proporzionalmente tra loro. Se non ci sono coeredi e il rinunciante aveva discendenti (es. figli), la sua quota passa a questi (art. 467 c.c.).

I beni rimangono nel patrimonio ereditario non entrano nel patrimonio del rinunciante, quindi, non sono aggredibili dai suoi creditori.

Dopo aver indicato in modo sintetico le caratteristiche giuridiche e gli effetti che produce la rinuncia all’eredità ritorniamo al nostro caso specifico ed esaminiamo la sua opponibilità al condominio.

COSA PUÒ FARE IL CONDOMINIO

Affinché la rinuncia all’eredità sia opponibile al condominio, deve essere formalizzata secondo le modalità previste (notaio o tribunale). Il condominio deve essere informato tramite copia autentica dell’atto di rinuncia depositata presso l’amministratore, entro i termini previsti dalla legge e in modo espresso ed inequivocabile. In alternativa, con un estratto dell’accettazione o rinuncia depositata presso il tribunale.

Ritornando al nostro caso ricordiamo che nel condominio di via Poggibonsi, l’appartamento 5B era di proprietà del signor Giovanni Bianchi, recentemente deceduto.
Il signor Bianchi aveva accumulato 8.000 euro di debiti condominiali.
Il recupero dei crediti condominiali può diventare particolarmente complesso in casi come questo quando il condomino debitore decede e gli eredi rinunciano all’eredità.

Nel caso in esame, il debito del condomino defunto ammonta a 8.000 euro, mentre da accertamenti effettuati risulta che sul suo conto corrente del condomino defunto vi sono solo 3.000 euro e i due figli hanno formalmente rinunciato all’eredità. Vediamo, dunque, quali passi deve compiere l’amministratore condominiale per il recupero delle somme dovute.

L’amministratore deve innanzitutto accertarsi ufficialmente che gli eredi abbiano rinunciato all’eredità, consultando il Registro delle Successioni presso il Tribunale competente o verificando l’atto notarile di rinuncia. La rinuncia esclude i figli dalla responsabilità per i debiti del defunto.

Poiché gli eredi hanno rinunciato, il patrimonio del defunto diventa “eredità giacente” e viene amministrato da un curatore nominato dal Tribunale su richiesta di chiunque vi abbia interesse, compreso il condominio. L’amministratore può quindi rivolgersi al Tribunale per chiedere la nomina di un curatore che gestisca l’attivo e il passivo ereditario.

Una volta nominato il curatore, il condominio dovrà insinuare formalmente il proprio credito nel passivo dell’eredità giacente. Se sul conto del defunto sono presenti 3.000 euro, tali somme verranno utilizzate per soddisfare, in parte, i creditori.

Se il defunto era proprietario dell’unità immobiliare, bisognerà verificare se essa rientra ancora nell’eredità giacente e se può essere liquidata per soddisfare i creditori. In tal caso, il curatore può procedere alla vendita del bene per ripianare i debiti, tra cui quelli condominiali.

Quindi, se nessuno accetta l’eredità e non vi sono beni sufficienti a coprire i debiti, il Tribunale può dichiarare l’eredità vacante. Se l’immobile rimane senza proprietario, il Comune può acquisirlo, ma ciò non garantisce automaticamente il pagamento del debito condominiale. Tuttavia, se l’appartamento ha ancora un valore commerciale, il condominio potrà tentare di recuperare il credito tramite la vendita coattiva dell’immobile.

Nel caso in cui l’amministratore abbia iniziato le procedure di recupero tardivamente rispetto al sorgere dei primi debiti, potrebbero emergere profili di responsabilità per sua negligenza o omissione. L’amministratore ha il dovere di agire tempestivamente per la tutela degli interessi del condominio, e un ritardo ingiustificato potrebbe configurare una responsabilità civile e contabile per danno arrecato al condominio.

Nel caso in cui il credito non sia recuperabile e il condominio non può recuperare i crediti, l’amministratore deve tempestivamente informare l’assemblea. L’assemblea condominiale, informata dell’esito negativo, può deliberare di considerare il credito inesigibile e procedere alla cancellazione contabile oppure rivalersi su altri soggetti che hanno portato a questa situazione.

I condomini potrebbero quindi rivalersi sull’amministratore, chiedendo il risarcimento del danno derivante dalla tardiva attivazione delle procedure. Questo potrebbe includere sia le maggiori difficoltà nel recupero del credito a causa del decorso del tempo; sia l’incremento degli oneri condominiali a carico degli altri proprietari. Da ultimo anche l’eventuale prescrizione del credito nei casi in cui non siano state tempestivamente interrotte le relative scadenze legali.

Mentre nel caso che l’assemblea avesse deliberato che il credito è inesigibile può deliberare che gli altri condomini potrebbero dover ripianare il debito pro quota in base ai millesimi di proprietà o attraverso l’utilizzo di fondi precedentemente accantonati.

Tuttavia, l’amministratore ha il dovere di esperire ogni tentativo legale per recuperare le somme prima di procedere con tale soluzione.

Il recupero dei crediti condominiali in caso di decesso del condomino e rinuncia all’eredità da parte degli eredi è una procedura complessa che richiede interventi mirati e tempestivi da parte dell’amministratore. La nomina di un curatore dell’eredità giacente e la verifica della possibilità di recupero delle somme tramite il patrimonio del defunto sono i passaggi fondamentali per garantire gli interessi del condominio ed evitare che il debito si ripercuota sugli altri condomini. L’amministratore ha la responsabilità di agire senza indugi, poiché un ritardo potrebbe determinare una sua responsabilità diretta nei confronti del condominio.

Leggi tutti gli articoli della sezione Normativa

di Filippo Simone Zinelli, Avvocato
f.zinelli@lawtaxgovernance.com 

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