Sono molte le fattispecie di violenza privata che possono verificarsi in condominio, tra queste la giurisprudenza ha punito diversi comportamenti verificatisi nei parcheggi condominiali.
Nei precedenti articoli di questa rubrica abbiamo avuto modo di rappresentare come il condominio sia un luogo nel quale, più spesso di quanto non si pensi, si verificano condotte illecite di tipo penale. Tanto ciò è vero che abbiamo esaminato alcune condotte, realizzate tutte in ambito condominiale, rientranti nei reati di atti persecutori (articolo 612 bis del codice penale) e di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (art. 392 c.p.).
Il comune denominatore delle condotte illecite esaminate consiste sempre nella degenerazione dei rapporti di vicinato, causate dalle più varie ragioni. Tra queste, purtroppo, si annoverano anche quelle collegate al parcheggio dei veicoli negli spazi condominiali.
A tal proposito l’esperienza insegna che proprio il parcheggio è sovente la ragione stessa di un conflitto se anche non il mezzo con il quale si esplica il conflitto (non da ultimo nella circolazione stradale).
Ad ogni modo, nell’un caso o nell’altro, il reato che in tali circostanze può configurarsi è quello di violenza privata ex art. 610 c.p. secondo cui chiunque, con violenza o minaccia, costringa altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.
Tale norma ha carattere generico e sussidiario, ovvero è stata predisposta per i casi in cui un determinato fatto, rientrante nella nozione di violenza privata, non sia specificamente previsto da altra disposizione di legge come elemento costitutivo o circostanza aggravante di altro reato. L’obiettività giuridica della norma consiste nella tutela della libertà psichica e morale contro le costrizioni a fare, tollerare o omettere qualcosa. Pertanto, benché tale disposizione appaia, a prima vista, lontana dai rapporti tra condomini, in realtà essa ha trovato applicazione proprio nella disciplina dei comportamenti illeciti connessi al parcheggio condominiale.
Ed infatti, le cronache riportano di controversie scaturite per vetture posizionate in modo da impedire non solo il semplice uso di un parcheggio, ma anche l’uscita da questo del malcapitato condomino.
Tant’è vero che tale reato è stato accertato in capo a colui che si è rifiutato di rimuovere l’auto parcheggiata all’ingresso del cortile comune, in uso anche ad altri condomini, così impedendone l’accesso, con la coscienza e la volontà di comprimere la libertà di autodeterminazione della parte offesa (Cassazione penale sez. V – 16/10/2019, n. 51236).
Ed ancora, si è ritenuto integrato il reato di violenza privata nella condotta di colui che, avendo parcheggiato l’auto in maniera da ostruire l’ingresso al garage condominiale, si rifiuti di rimuoverla nonostante la richiesta della persona offesa (Cassazione penale sez. V – 18/11/2011, n. 603).
Ma di più, il reato di cui all’art. 610 c.p. è stato ritenuto anche nella condotta di colui che, avendo azionato a distanza il meccanismo di blocco di un cancello elettrico, abbia impedito alla persona offesa di uscire con la propria autovettura dalla zona garage del condominio, costringendola a scendere dal veicolo e a staccare la corrente elettrica per neutralizzare la chiusura a distanza del cancello al fine di varcare l’accesso carraio dello stabile (Cassazione penale sez. II – 24/10/2014, n. 46786).
Da ultimo, ma solo per dovere di sintesi, il reato in esame è stato ritenuto anche in capo al conducente di un motorino che aveva ostacolato l’uscita di una vettura da un parcheggio.
Il lettore attento, tuttavia, potrebbe obiettare che in tutti questi casi, vista l’assenza di violenza e/o minaccia, il reato non dovrebbe sussistere. Al contrario la giurisprudenza, ormai costante, afferma che il requisito della violenza “si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e azione” (ex multis Cassazione penale, sez. V, 17/5/06 n.21779) e per la configurazione della minaccia, non occorre che questa “sia verbale ed esplicita”, essendo sufficiente un qualsiasi comportamento o atteggiamento “idoneo a eliminare o ridurre sensibilmente nel soggetto passivo la capacità di determinarsi e di agire secondo la propria volontà” (Cassazione penale, 21.51986 in c.p. 88, 83) .
Tutto ciò ci insegna che nel caso in cui vi siano conflitti per i parcheggi, è altamente sconsigliato agire con i comportamenti su indicati in quanto, oltre ad esacerbare gli animi, sussiste il rischio concreto di realizzare una condotta sanzionata dall’art. 610 c.p.
Si aggiunga, infine, una considerazione di non poco rilievo: il reato in esame è procedibile d’ufficio, pertanto il relativo procedimento seguirà il proprio corso anche nel caso in cui la persona offesa abbia rimesso la querela a seguito dell’eventuale, ed auspicabile, normalizzazione dei rapporti con l’autore del reato.
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di Mirko Scorsone, avvocato penalista
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