Le delibere di ripartizione delle spese vengono spesso contestate e in alcuni casi possono essere annullate. Per farlo bisogna capire se l’assemblea abbia superato i propri poteri o se abbia semplicemente agito in modo non corretto.
NULLITÀ E ANNULLABILITÀ IN GENERALE
Qualsiasi contratto può essere contaminato da errori più o meno gravi, i quali determinano conseguenze di tipo differente a seconda della gravità dell’errore. Nel mondo del diritto tali errori vengono comunemente denominati “vizi” e quindi l’atto che abbia degli errori è definito “viziato”.
Le due categorie dei vizi degli atti giuridici, elaborate da dottrina e giurisprudenza, sono: – vizi di nullità;
– vizi di annullabilità.
Già il suono delle parole fa capire che si tratta di due situazioni ben diverse.
NULLITÀ
Il vizio di nullità è quello più grave. È tanto grave, incide in modo così profondo sull’atto tanto da poter dire che un atto viziato da nullità è un atto viziato sin dalla sua origine. Non è mai “nato”. È un vizio radicale, insanabile. Il vizio di nullità può essere sempre fatto valere in una causa da chi vi abbia interesse senza limiti di tempo. Anche dal soggetto che abbia partecipato alla creazione dell’atto viziato.
Ma sia ben chiaro che sia la nullità che l’annullabilità di un atto debbono essere accertate e sancite da un giudice al termine di un processo. Infatti un atto o un contratto nulli o annullabili sono e rimangono efficaci se non vengono cancellati da una sentenza che abbia accertato la sussistenza del vizio.
Quindi, con apparente e non solo apparente contraddizione, anche l’atto nullo è efficace e dispiega i propri effetti fino a quando non sia dichiarato nullo, e quindi cancellato sin dalla sua origine, da una sentenza.
Può succedere e succede spesso che un contratto nullo rimanga pacificamente valido ed efficace perché nessuno dei soggetti interessati agisce per far valere la nullità.
ANNULLABILITÀ.
È un vizio minore, meno importante, per cui la legge lascia all’interessato (di solito il danneggiato) il diritto di agire in sede giudiziaria per far accertare il vizio e quindi far cancellare l’atto viziato, ma gli pone dei limiti, cioè dei comportamenti da tenere e dei tempi entro i quali agire. Se non agisce entro i tempi e nei modi previsti dalla legge, il non agire ha l’effetto di eliminare il vizio e pertanto di sanare l’atto.
LE REGOLE PER LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE.
Le regole generali per la ripartizione delle spese condominiali sono disposte dall’articolo 1123 del codice civile. I successivi articoli dal 1124 al 1126 disciplinano casi di spese relativi a beni e servizi specifici. Gli articoli 1123 – 1126 del codice civile sono derogabili, questo vuol dire che la volontà dei contraenti (ovvero dei condomini) può stabilire criteri di ripartizione delle spese differenti da quelli codicistici. Criteri differenti da quelli codicistici possono essere previsti dalle norme contrattuali del regolamento di condominio, predisposto dall’unico proprietario prima della vendita della prima unità immobiliare e poi via via accettati dai singoli acquirenti delle varie unità immobiliari al momento dell’acquisto e della contestuale accettazione del regolamento. Oppure i condomini possono decidere l’utilizzo di criteri differenti da quelli indicati dal codice civile con una delibera assunta con il voto favorevole della totalità dei partecipanti al condominio.
LA DELIBERA DI RIPARTIZIONE DELLE SPESE.
Approvare la ripartizione delle spese con una delibera è un passaggio assembleare opportuno, ma non obbligatorio, nel senso che non esiste una norma del codice che lo imponga. La ripartizione delle spese è un semplice calcolo matematico che l’amministratore può tranquillamente eseguire senza che sia approvato dai condomini, compito dei quali è invece l’approvazione della spesa. L’approvazione in assemblea però è opportuna per un motivo “commerciale/professionale”, cioè di trasparenza tra amministratore e condomini, e per un rilevante motivo pratico: per ottenere l’emissione del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronti dei condomini morosi è necessario che lo stato di riparto sia stato portato in assemblea e approvato dai condomini.
INVALIDITÀ DELLA DELIBERA DI RIPARTIZIONE DELLE SPESE. NULLITÀ O ANNULLABILITÀ.
Visto quanto detto nei punti precedenti è ovvio che anche le delibere di approvazione delle spese possono essere viziate. Ma quale è il vizio che determini la nullità e quale quello che determini l’annullabilità della delibera di ripartizione delle spese? Il codice civile e le leggi non ce lo dicono. La risposta la troviamo nella giurisprudenza, vale a dire nelle varie sentenze che nel corso degli anni hanno affrontato la complicatissima questione e in modo particolare la bussola per orientarci la troviamo nelle sentenze della Corte di Cassazione e soprattutto nelle pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ci indicano i principi di diritto ai quale adeguarci. Ma attenzione le pronunce delle Sezioni Unite per quanto siano una guida forte e sicura, non lo sono mai al 100%. Può succedere e succede che anche le Sezioni Unite, cambiando idea, modifichino una loro precedente testi. E poi esiste sempre la possibilità (e quindi il rischio) che il singolo magistrato trovi il ragionamento e il modo per emettere un provvedimento che si discosti dall’indirizzo delle Sezioni Unite. Il dato certo, pacifico sia in dottrina sia, soprattutto, in giurisprudenza è che sia invalida la delibera di approvazione di una ripartizione della spesa che utilizzi un criterio difforme dalle norme del codice civile o da quelle aventi natura contrattuale previste dal regolamento condominiale.
Certa l’invalidità, ma si tratta di nullità o annullabilità? In pratica come distinguere le delibere di ripartizione delle spese nulle da quelle annullabili? Di recente la risposta ce l’hanno data le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 9839/2021. La citata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ci indica la rotta da seguire: dobbiamo accertare se l’assemblea abbia deliberato nell’esercizio delle sue attribuzioni. Sono le attribuzioni la linea di confine: cioè si tratta di capire se in quel singolo caso l’assemblea avesse il potere di decidere su quello specifico argomento. Dobbiamo capire se l’assemblea abbia sbagliato, ma esercitando comunque un potere che rientra tra le sue attribuzioni, oppure abbia travalicato le proprie attribuzioni esercitando un potere che non ha. L’assemblea può deliberare unicamente in relazione ai beni e servizi comuni, non può andare oltre tali confini. In altre parole: se l’assemblea non ha quel potere allora la delibera è nulla. Se ha quel potere, ma lo ha esercitato male, è annullabile. La carenza assoluta del potere di deliberare in quella data materia determina la nullità.
Vediamo quindi in concreto come possa trovare applicazione il principio di diritto esplicitato dalla Corte di Cassazione in relazione alle delibere di ripartizione delle spese.
NULLITÀ
La delibera è viziata da nullità nel caso in cui i condomini decidono a maggioranza di modificare i criteri di ripartizione stabiliti dal codice o dalla norma contrattuale del regolamento. Vale a dire che la nullità intanto sussiste se la decisione dei condomini sia quella di una scelta vincolante anche per il futuro. Perché l’assemblea non ha il diritto/potere di cambiare con una delibera presa a maggioranza i criteri di ripartizione stabiliti dal codice civile o dalle norme contrattuali del regolamento condominiale. Per la validità di tale decisione occorre il voto favorevole della totalità dei condomini.
ANNULLABILITÀ
Viceversa è semplicemente annullabile la delibera che in un’occasione abbia adottato un criterio di ripartizione sbagliato, differente da quelli codificati, ma non abbia inteso modificare una volta per tutte la norma contrattuale del regolamento o del codice civile. Ne consegue che diviene essenziale accertare se, nel caso concreto, i condomini con la delibera contestata abbiano voluto modificare in via definitiva i criteri posti dal regolamento o dal codice, vincolando così anche per il futuro tutti i partecipanti al condominio.
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di Ferdinando della Corte, avvocato
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