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RIPETITORI SUI LASTRICI SOLARI: LOCAZIONE O DIRITTO DI SERVITÙ?

Novembre 6, 2024
in Normativa
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RIPETITORI SUI LASTRICI SOLARI: LOCAZIONE O DIRITTO DI SERVITÙ?
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Da anni vediamo sorgere su molti palazzi antenne telefoniche e ripetitori di segnali Web e video. Quali sono i termini per impugnare queste decisioni condominiali? Si tratta davvero di “innovazioni” di cui godono tutti gli abitanti dell’edificio?

Sono soventi le cessioni in uso e in godimento dei lastrici solari da parte dei proprietari a compagnie telefoniche per installare antenne o ripetitori, molto spesso a titolo oneroso. I dubbi riguardano la individuazione del contratto con cui si effettua tale cessione perché il proprietario (anche il condominio) di un lastrico solare – che intenda cedere ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto per il cessionario di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto, ed asportare il medesimo alla fine del rapporto – può avvalersi di un contratto ad effetti reali o di un contratto ad effetti personali.

Il problema è stato sottoposto, anche di recente, all’attenzione del tribunale di Roma (sentenza n. 7903/2022) da alcuni condomini che avevano impugnato una delibera con cui l’assemblea aveva approvato la stipula del contratto di locazione di una porzione del lastrico solare per la posa degli impianti di infrastrutture per reti di radio e tele/videocomunicazioni di proprietà di una compagnia telefonica. I ricorrenti sostenevano che la delibera violava l’articolo 1108 c.c., in quanto il contratto non concedeva un mero diritto di godimento, ma un diritto reale di superficie con annessa servitù per il passaggio dei cavi, per cui la delibera necessitava dell’unanimità dei partecipanti al condominio (quorum necessario anche qualora si fosse trattato di un contratto di locazione ultranovennale); violava inoltre l’art. 1120 c.c., in quanto innovazione vietata perché l’installazione avrebbe reso inservibile all’uso e al godimento del lastrico comune ai condomini.

Il tribunale richiamava la sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 8435 del 30 aprile 2020) la quale stabilisce che, ai fini della qualificazione del contratto che attribuisce il diritto di installare le antenne ad effetti reali o ad effetti obbligatori “bisogna innanzitutto valutare l’effettiva volontà delle parti, desumibile, oltre che dal nomen juris anche da altri elementi testuali, quali la previsione relativa alla durata, la disciplina negoziale della sorte del manufatto al momento della cessazione del rapporto, la determinazione del corrispettivo come unitario o come canone periodico, la regolazione degli obblighi del cessionario in ordine alla manutenzione della base della installazione, l’eventuale richiamo a specifici aspetti della disciplina delle locazioni non abitative; nonché da elementi extratestuali, quali la forma dell’atto e il comportamento delle parti» (ad esempio, la stipula del contratto per atto pubblico può essere dirottata a favore della qualificazione dell’atto come contratto a effetti reali).

Ora la collocazione sul lastrico condominiale di un manufatto stabilmente fisso va considerata una “innovazione”, nel senso di cui all’articolo 1120 c.c., in quanto determina una parziale trasformazione della destinazione del medesimo lastrico e la relativa delibera è diretta al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento del bene comune nell’interesse del condominio. Pur perdendo, per la parte della estensione su cui il manufatto insiste, la sua destinazione al calpestio, ciò non di meno, la propria funzione di copertura del fabbricato e di protezione del medesimo dalle intemperie rimane immutata.

Diversa, invece, è la ragione per cui la cessione temporanea a terzi di un lastrico condominiale, finalizzata all’installazione sul medesimo di un ripetitore di segnale, non è riconducibile alla disciplina delle innovazioni dettata dall’art. 1120 c.c., ragione che non va rinvenuta nelle caratteristiche oggettive dell’opera bensì nella considerazione che l’ancoraggio dell’impianto al lastrico solare viene realizzata non su disposizione, a spese e nell’interesse del condominio, bensì su disposizione e nell’interesse del terzo cessionario del godimento del lastrico. Non si tratta, in altri termini, dell’installazione ad opera del condominio di un impianto tecnologico destinato all’uso comune, ma dell’installazione, ad opera ed a spese di un terzo, di un impianto tecnologico destinato all’utilizzo esclusivo di tale terzo.

La problematica va, quindi, inquadrata non nella prospettiva dell’approvazione di una innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c., bensì nella prospettiva dell’approvazione di un atto di amministrazione (il contratto con il terzo) ai sensi dell’art. 1108 c.c., co. 3. Per le sezioni unite «il contratto avente ad oggetto la concessione totale o parziale, a titolo oneroso, del godimento del lastrico solare di un fabbricato, allo scopo di consentire al concessionario l’installazione di un ripetitore di segnale, del quale il medesimo concessionario abbia la facoltà di godere e disporre nel corso del rapporto e di asportarlo al termine del rapporto, va ricondotto, in mancanza di indicazioni di segno contrario suggerite dall’interpretazione del singolo contratto, allo schema del contratto atipico di concessione ad aedificandum ad effetti obbligatori soggetta, oltre che ai patti negoziali, alle norme generali civile nella disciplina generale dei contratti, anche atipici, nonché, per quanto non previsto dal titolo, alle norme sul contratto tipico di locazione».

Per il rilascio di una concessione ad aedificandum, di durata non superiore a nove anni, è sufficiente la maggioranza prevista, per gli atti di ordinaria amministrazione, dall’articolo 1136, commi 2 e 3 c.c., a seconda che si tratti di prima o di seconda convocazione dell’assemblea condominiale. Nella fattispecie in esame, il tribunale, richiamando i principi esposti, rigettava la domanda in quanto era stato dimostrato che il contratto, approvato con la delibera impugnata, aveva attribuito un mero diritto di godimento e, posto che esso aveva durata infranovennale, era stato validamente approvato dall’assemblea dei condomini le maggioranze indicate dall’art. 1136 co. 2 c.c.

© Riproduzione riservata

di Luana Tagliolini Giornalista

luanatagliolini@virgilio.it

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