Il tema delle immissioni rumorose nei condomini è spesso fonte di accesi contenziosi. La recente ordinanza n. 7855/2025 della Corte di Cassazione affronta nuovamente la questione, stabilendo principi di diritto rilevanti per la tutela della vivibilità negli edifici condominiali. Affrontiamo nel dettaglio i fatti di causa, l’iter processuale e le conclusioni a cui è pervenuta la suprema corte.
Il caso davanti ai giudici
La condomina di un palazzo di Roma ha convenuto in giudizio il condominio e la relativa amministrazione dinanzi al giudice di pace, lamentando l’eccessivo rumore prodotto dal motore dell’ascensore condominiale. La proprietaria ha evidenziato come il problema fosse stato segnalato da tempo senza che il condominio adottasse soluzioni adeguate. Ha inoltre sottolineato che, nonostante la deliberazione assembleare del 2005 per la sostituzione degli argani e delle porte difettose dell’ascensore, i lavori non erano mai stati eseguiti, con conseguente persistenza del disagio.
Il condominio si è difeso sostenendo che gli interventi tecnici suggeriti erano stati successivamente eseguiti e che il problema delle immissioni rumorose era stato risolto. Tuttavia, la condomina ha contestato la correttezza e l’efficacia di tali lavori, ritenendo che le immissioni non fossero state definitivamente eliminate.
I principi di diritto espressi dalla cassazione
Il Tribunale di Roma, in appello, aveva accolto parzialmente le ragioni della condomina, riconoscendo il superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni rumorose e condannando il condominio al risarcimento danni. Tuttavia, aveva ritenuto che l’esecuzione dei lavori indicati dal nominato consulente tecnico d’ufficio (CTU) fosse sufficiente a risolvere il problema, senza necessità di ulteriori verifiche. La Cassazione ha invece censurato questa decisione, chiarendo alcuni principi fondamentali:
· Non basta eseguire lavori, serve verificarne l’efficacia: il semplice fatto che un condominio realizzi opere per ridurre le immissioni non implica automaticamente che il problema sia risolto. Il giudice deve accertare in concreto se le opere abbiano realmente eliminato l’immissione non consentita, perché il diritto alla quiete domestica non si esaurisce con interventi teorici o parzialmente efficaci. È essenziale che vi sia un miglioramento concreto e percepibile nella qualità della vita del condomino che subisce le immissioni rumorose;
· L’immissione rumorosa è un fenomeno persistente: il tribunale ha errato nel sostenere che, se il problema persisteva, la condomina avrebbe dovuto avviare un nuovo giudizio basato su presupposti diversi. La Cassazione sottolinea che le immissioni non sono un fatto isolato ma un fenomeno continuativo, e quindi vanno valutate nel loro perdurare nel tempo. Se il disturbo acustico persiste, la responsabilità del condominio non viene meno solo perché sono stati eseguiti dei lavori, ma va verificata la loro effettiva idoneità a risolvere il problema del tutto e non in parte;
· Obbligo del giudice di approfondire la questione: il tribunale avrebbe dovuto disporre ulteriori accertamenti tecnici per verificare se i lavori eseguiti dal condominio fossero adeguati e sufficienti. Non si può liquidare la questione con una valutazione sommaria o teorica. La verifica dell’efficacia degli interventi richiede un’attenta analisi tecnica e, se necessario, nuove misurazioni fonometriche per accertare che il livello di rumorosità sia effettivamente sceso sotto la soglia di tollerabilità così come stabilita dalla legge.
La suprema corte ha quindi accolto il ricorso della condomina, cassando la sentenza del Tribunale di Roma, in veste di giudice di appello, e rinviando la causa ad un diverso collegio per un nuovo esame della vicenda. Il giudice del rinvio dovrà verificare se le opere realizzate dal condominio siano state idonee ad eliminare le immissioni rumorose e, in caso contrario, quantificare l’eventuale risarcimento danni spettante alla condomina.
In definitiva, questa pronuncia ribadisce l’importanza del diritto alla quiete domestica e sancisce il principio per cui non basta che un condominio affermi di aver effettuato lavori per risolvere un problema: è necessario dimostrare che tali interventi abbiano prodotto l’effetto desiderato ovvero l’eliminazione delle immissioni rumorose. La decisione assume particolare rilevanza in un contesto in cui la tutela della qualità della vita all’interno degli edifici condominiali è sempre più centrale.
Questa ordinanza rappresenta dunque un precedente significativo per chi, vivendo in condominio, subisce immissioni rumorose oltre la normale tollerabilità, e rafforza la prontezza degli amministratori condominiali nell’intervenire in modo efficace e risolutivo per il bene della comunità.
Leggi tutti gli articoli della sezione Normativa

di Alessandra Zarcone, avvocato
avv.alessandrazarcone@gmail.com