L’amministratore deve esercitare il mandato conferitogli dall’assemblea con la diligenza del buon padre di famiglia e deve rendicontare alla stessa, alla fine della gestione, il proprio operato.
Tra le attribuzioni dell’amministratore elencate nell’articolo 1130 comma 1 n. 3 è annoverata la riscossione dei contributi per erogare le spese per le manutenzioni e per l’esercizio dei servizi comuni a cui è, implicitamente, annesso il recupero forzoso dei crediti, normalmente, mediante la richiesta di emissione di un decreto ingiuntivo al giudice competente, da esercitarsi entro i sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso (art. 1129, comma 9 c.c.).
L’amministratore che non si attiva o non cura diligentemente l’esecuzione coattiva per la riscossione delle somme ingiunte al condomino moroso con un decreto ingiuntivo è passibile di revoca giudiziaria (art. 1129, co. 12 n.6) e di condanna a risarcire al condominio l’eventuale danno derivante dall’inadempimento.
L’insufficiente liquidità, derivante dalle morosità dei condomini connessa all’inerzia o alla negligenza dell’amministratore, potrebbe, di fatto, ostacolare non solo il pagamento del compenso ma anche il recupero del credito per anticipazioni effettuate – dall’amministratore – nell’interesse del condominio per fronteggiare situazioni di criticità (articolo 1720 c.c.).
IL CASO
Un amministratore convenne in giudizio il condominio chiedendo la condanna del convenuto al pagamento di una somma a titolo di compensi e rimborsi spese per il periodo in cui egli aveva ricoperto la carica di amministratore del condominio.
Il convenuto si costituiva in giudizio opponendosi alla domanda e formulava una domanda riconvenzionale per sentirlo condannare al risarcimento dei danni procurati al condominio nell’ambito dell’attività gestionale. Il tribunale adito accolse, in parte, la domanda principale e rigettò la riconvenzionale.
La Corte d’Appello rigettava il gravame principale (richiesta rimborso anticipazioni) ed accoglieva in parte l’incidentale condannando l’amministratore a pagare al condominio la somma di € 20.905,17 a titolo di risarcimento del danno derivante dall’evidente inadempimento ai propri obblighi di amministratore per non aver promosso azioni giudiziarie volte al recupero delle quote condominiali non versate dai condomini morosi e, in special modo, da una società che nel contempo, in costanza dell’inerzia perseverata a lungo dall’amministratore, fu cancellata dal Registro delle Imprese rendendo definitivamente impossibile il recupero del credito.
L’amministratore proponeva ricorso in Cassazione contestando la decisione in quanto, a suo dire, fondata su una valutazione del proprio comportamento negligente per omessa riscossione coattiva dei crediti del condominio nei confronti della società alla luce di una normativa sopravvenuta costituita dalla L. n. 220 del 2012, che, pertanto, non poteva essere applicata. La Corte di Cassazione respingeva il ricorso.
LE MOTIVAZIONI
L’obbligo di provvedere al recupero dei crediti del condominio era sussistente anche prima dell’entrata in vigore della legge n. 220 del 2012 la quale, pur non applicabile, alla fattispecie, ratione temporis, ha solo formalizzato obblighi e compiti già previsti e consacrati dalla giurisprudenza precedente.
I doveri di riscuotere le quote e di richiedere il decreto ingiuntivo senza l’autorizzazione dell’assemblea erano già sussistenti in capo all’amministratore ante-riforma.
Per la corte, la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che l’amministratore avrebbe potuto evitare i danni procurati al condominio se avesse proposto ricorso per decreto ingiuntivo ottenendo anche la provvisoria esecuzione del medesimo e la possibilità di iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili in vendita così da scongiurare il rischio che la società debitrice, venendo cancellata dal registro delle imprese, non potesse essere più un soggetto escutibile.
L’amministratore “svogliato” che è venuto meno ai suoi obblighi contrattuali non può giustificare le sue inadempienze “tirando in ballo” la morosità dei condomini se la stessa si è prodotta e aumentata proprio a seguito della sua inerzia (Trib. Napoli, sent. n. 7399/2021 nel caso in esame al tribunale non venne riconosciuto all’amministratore neanche il compenso per le gestioni pregresse).
In pratica se l’amministratore si fosse attivato con celerità, avrebbe potuto ottenere il rimborso delle proprie anticipazioni sia qualora fossero stati riscossi i crediti condominiali sia nel frattempo del recupero, dimostrando di essersi attivato, non passibile di negligenza né di responsabilità alcuna.
La corte rigettava il ricorso e condannava il ricorrente a pagare, in favore del controricorrente, le spese del giudizio di cassazione.
di Luana Tagliolini Giornalista
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