Quando si tratta di sinistri assicurativi condominiali, la firma dell’amministratore può fare la differenza tra una corretta tutela degli interessi del condominio e un possibile danno economico o gestionale. Due documenti apparentemente simili – l’accertamento conservativo e l’atto di liquidazione – nascondono infatti significati e conseguenze legali profondamente diverse.
Vediamo insieme di cosa si tratta, con un linguaggio chiaro ma preciso, per aiutare amministratori e condòmini a comprendere appieno ciò che si trovano davanti in fase di gestione del sinistro.
Cos’è un accertamento conservativo?
L’accertamento conservativo è un documento preliminare redatto dal perito dell’assicurazione, talvolta in contraddittorio con un tecnico incaricato dal condominio, che fotografa la situazione al momento della perizia: entità del danno, stima economica e riserve sull’indennizzabilità. La sua funzione è puramente ricognitiva e interlocutoria.
Non rappresenta, dunque, né un impegno formale al pagamento da parte della compagnia né una quietanza. Tuttavia, la sua firma ha un valore importante: equivale a prendere atto della stima dei danni effettuata, compresi gli eventuali rilievi (le cosiddette riserve) indicati dal perito.
Attenzione alle riserve!
Quando il perito appone delle riserve, sta di fatto escludendo l’indennizzo di alcune voci di danno sulla base di clausole contrattuali. Ad esempio, potrebbe rilevare che determinati lavori di ripristino non sono coperti dalla polizza perché causati da eventi non previsti, come l’usura ordinaria o infiltrazioni preesistenti.
In questo senso, firmare l’accertamento conservativo significa accettare una stima tecnica, anche se contestabile, già limitata da esclusioni contrattuali. Per questo motivo, prima di firmare, è sempre consigliabile confrontarsi con un tecnico fiduciario o con il proprio broker assicurativo.
In sintesi, l’accertamento conservativo è una fotografia parziale e provvisoria.
Cos’è invece un atto di liquidazione?
Tutt’altra cosa è l’atto di liquidazione, che costituisce il documento conclusivo e definitivo della procedura di sinistro. In esso viene determinato l’importo da liquidare al condominio e, con la firma, le parti chiudono ogni rapporto residuo sull’evento dannoso.
Si tratta a tutti gli effetti di una quietanza liberatoria, che comporta la rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa nei confronti della compagnia.
Firmare un atto di liquidazione equivale a “chiudere la partita”. Dopo quella firma, non sarà più possibile tornare indietro, né sollevare ulteriori richieste, anche se emergessero successivamente danni non considerati nella perizia iniziale.
In sintesi, l’atto di liquidazione è una definizione definitiva con valore liberatorio.
ESEMPIO PRATICO: INFILTRAZIONE D’ACQUA E DECISIONI DELICATE
Immaginiamo un caso reale: un’infiltrazione da copertura causa danni all’ultimo piano di un condominio. Il perito stima 10.000 euro di danni, ma appone una riserva di 4.000 euro per presunta manutenzione omessa da parte del condominio.
Firmare l’accertamento conservativo in questo caso significa riconoscere che i 10.000 euro di danni esistono, ma accettare che 4.000 euro potrebbero non essere rimborsati.
Firmare invece l’atto di liquidazione – ad esempio, per un importo riconosciuto di 6.000 euro – chiude ogni margine di negoziazione futura. Anche se successivamente venissero scoperti ulteriori danni o si riuscisse a dimostrare che la manutenzione era stata regolare, l’assicurazione sarebbe ormai libera da obblighi.
Firmare uno di questi due documenti non è mai una semplice formalità: l’amministratore agisce in rappresentanza del condominio e le sue decisioni possono avere impatti giuridici ed economici rilevanti.
È sempre consigliabile consultarsi preventivamente con il proprio consulente assicurativo e verificare attentamente ogni clausola, riserva o esclusione; ma anche condividere le valutazioni con i condòmini coinvolti (anche con una semplice comunicazione via e-mail o in sede di sopralluogo).
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di Gabrio Bacchini, scrittore e assicuratore
ga.brio@libero.it