Servono strumenti più efficaci contro i condomini morosi che bloccano i flussi di cassa creando problemi a tutto il fabbricato.
di Marco Quagliariello, avvocato e Presidente APICE
La gestione di un condominio si regge su un equilibrio delicato che ruota attorno a un elemento fondamentale: la liquidità. Quando questo equilibrio viene meno, spesso a causa di condomini morosi che contribuiscono alla parcellizzazione del credito derivante dalle quote non versate, si innesca un circolo vizioso che mette in difficoltà l’amministratore e, di conseguenza, i fornitori.
Non si tratta soltanto di un problema contabile, ma di un ostacolo concreto alla regolare amministrazione dell’immobile e al mantenimento dei servizi essenziali.
Che cosa significa “parcellizzazione del credito”
Il termine parcellizzazione del credito descrive la situazione in cui il debito del condominio non è concentrato in un’unica posizione rilevante, ma è frammentato in tante piccole morosità individuali.
Esempio pratico:
- se un condominio deve incassare 10.000 euro, la situazione cambia radicalmente a seconda che sia un unico condomino a dovere l’intera somma oppure 20 condomini diversi che devono ciascuno 500 euro. Nel primo caso, si ha un unico soggetto debitore su cui concentrare l’azione legale; nel secondo, l’amministratore deve moltiplicare tempo, energie e costi per ogni singolo moroso.
La legge, infatti, è chiara: l’art. 63 disp. att. c.c. e l’art. 1129 c.c. impongono all’amministratore l’obbligo di agire entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio per il recupero forzoso. Ma la realtà quotidiana è ben diversa: ogni singola morosità richiede una pratica a sé, con solleciti, messe in mora e, in ultima istanza, il ricorso al decreto ingiuntivo.
Una zavorra per l’amministratore
La parcellizzazione del credito dei condomini morosi si traduce in tre criticità principali:
- Costi legali moltiplicati
Ogni azione giudiziaria comporta spese, e agire contro dieci condomini morosi per piccole cifre è ben più dispendioso che agire contro un unico debitore per la stessa somma totale. A ciò si aggiunge il paradosso: il condominio è già in difficoltà di liquidità e deve affrontare ulteriori esborsi per avviare le pratiche di recupero.
- Tempi della giustizia dilatati
Anche un semplice decreto ingiuntivo può richiedere mesi. Se i condomini morosi sono numerosi, i tempi si moltiplicano e la cassa del condominio resta sguarnita per un lungo periodo.
- Carico amministrativo insostenibile
L’amministratore è costretto a distogliere tempo prezioso dalla gestione ordinaria per dedicarsi a solleciti, incontri con gli avvocati, lettere raccomandate e monitoraggi continui. Un lavoro enorme, che non viene riconosciuto nel compenso deliberato dall’assemblea.
Il rischio concreto: ritardi nei pagamenti ai fornitori
Il condominio non dispone di riserve finanziarie proprie: le uniche entrate sono le quote versate dai condomini. Quando i pagamenti non arrivano, i fornitori restano senza liquidità e il sistema si inceppa.
Gli effetti a catena sono immediati:
- Fornitori insoddisfatti: imprese di pulizia, manutentori di ascensori, giardinieri e soprattutto le aziende di luce, acqua e gas si ritrovano con crediti insoluti;
- Aumento dei costi: un fornitore pagato in ritardo sarà meno incline a garantire condizioni favorevoli e potrà rincarare i prezzi per tutelarsi dal rischio di morosità;
- Pericolo di sospensione dei servizi: nei casi più gravi, si rischia l’interruzione delle utenze comuni, con conseguenze immediate anche per i condomini in regola con i pagamenti.
Esempio concreto: se in un condominio il 20% dei proprietari non paga, la ditta di pulizie può decidere di sospendere il servizio o chiedere un anticipo maggiore prima di proseguire. Questo genera inevitabili tensioni tra chi paga regolarmente e chi non lo fa.
L’amministratore tra due fuochi
In questo scenario, l’amministratore si trova stretto tra due pressioni opposte:
- da un lato, i fornitori che pretendono i pagamenti;
- dall’altro, i condomini morosi da inseguire con solleciti e azioni legali.
Spesso, per evitare il blocco dei servizi, l’amministratore è costretto a:
- negoziare rateizzazioni con i fornitori;
- cambiare fornitori per diluire i debiti;
- anticipare pagamenti con le nuove rate incassate, generando un continuo inseguimento.
Tutto ciò, però, rappresenta un impegno che non trova riconoscimento economico: i compensi stabiliti in assemblea coprono la gestione ordinaria, non le lunghe e complesse procedure legate al recupero crediti verso i condomini morosi.
Una riforma necessaria
La parcellizzazione del credito condominiale non è solo un problema gestionale, ma una questione sistemica che mina la solidità economica dei condomini italiani.
Occorrerebbero riforme normative capaci di:
- consentire all’amministratore strumenti più incisivi, come la sospensione effettiva dei servizi non essenziali per i condomini morosi;
- semplificare e velocizzare le procedure di recupero crediti;
- ridurre i costi delle azioni legali nei casi di morosità ripetuta e diffusa.
Solo così si potrà evitare che la parcellizzazione del credito continui a rappresentare una vera e propria spada di Damocle sulla testa degli amministratori, dei fornitori e, in ultima analisi, dei condomini stessi.
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