Gatti in condominio, cosa dice la legge e come vanno gestite le colonie per garantire sicurezza e igiene a chi vive nel palazzo
Alcuni condomini, non solo le signore più anziane come vorrebbe lo stereotipo, sentono l’impellente bisogno di accudire i gatti randagi presenti nei cortili o nelle aree comuni. Non si tratta solo di un gesto spontaneo di bontà: per molti di loro i felini rappresentano compagnia, affetto e un modo per sentirsi utili.
Tuttavia, ciò che nasce da una motivazione empatica e personale, deve confrontarsi con la necessità della convivenza collettiva. Dare da mangiare ai gatti in condominio significa anche attirarne di nuovi, con il rischio che si formi una colonia felina stabile, con conseguenze su igiene, sicurezza e rapporti tra i condomini.
Esempio pratico: una signora del piano terra lascia quotidianamente cibo nel giardino condominiale. Nel giro di pochi mesi, i tre gatti iniziali diventano dieci, con conseguente presenza di escrementi, odori e malumori tra i vicini.
Il condominio può trovarsi di fronte a due atteggiamenti opposti da parte dei restanti condomini, quelli che si limitano a tollerare o a vietare, con continui litigi e lettere dell’amministratore.
Oppure quelli che invitano l’amministratore a cercare una soluzione condivisa, rispettosa sia del benessere animale sia delle regole condominiali.
Essere proattivi significa:
- informare i condomini che nutrire i gatti randagi non è vietato dalla legge se svolto correttamente;
- ricordare che i comuni e le ASL veterinarie hanno competenza sulla gestione delle colonie feline (legge 281/1991 e successive normative regionali);
- individuare un referente (spesso chiamato “gattaro ufficiale”), riconosciuto dall’ente locale, che segua la colonia in modo regolamentato.
GATTI IN CONDOMINIO, COSA DICE LA LEGGE
Secondo la legge quadro n. 281/1991, i gatti che vivono in libertà appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato e non possono essere allontanati dal loro habitat. La gestione delle colonie feline è affidata ai Comuni, che possono avvalersi delle ASL veterinarie e delle associazioni animaliste.
Oltre a tale norma esistono anche i regolamenti regionali che disciplinano la sterilizzazione e l’assistenza veterinaria. Oltre che le disposizioni del codice civile (art. 844): disciplina i limiti di tollerabilità delle immissioni (odori, rumori) in condominio e il codice penale, art. 659: disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone.
Esempio pratico: la Cassazione penale (sent. n. 9231/2017) ha confermato che nutrire gatti in condominio randagi non è reato in sé, ma può diventarlo se provoca condizioni di sporcizia e degrado tali da ledere la salute pubblica.
Il nodo centrale resta la convivenza. Da un lato, chi nutre i gatti in condominio si sente animato da spirito altruistico; dall’altro, molti condomini percepiscono fastidi, sporcizia e degrado. Tutti i condomini condividono gli stessi spazi comuni, che devono rimanere decorosi e sicuri. Chi nutre i gatti lo fa per empatia, chi si oppone difende l’igiene e la tranquillità. La chiave sta nell’adeguamento reciproco: riconoscere il diritto dei gatti a vivere in libertà ma al contempo garantire il rispetto delle regole condominiali e sanitarie.
5 REGOLE PER GESTIRE I GATTI IN CONDOMINIO
Per affrontare correttamente la questione dei gatti in condominio, l’amministratore e i condomini dovrebbero:
- Verificare l’esistenza di una colonia felina registrata presso il Comune o l’ASL;
- Contattare i servizi veterinari per richiedere sterilizzazione, cure e gestione controllata;
- Stabilire regole interne: ad esempio, vietare il rilascio di cibo in spazi comuni non idonei (androne, scale, box) ma consentirlo in aree dedicate e pulite;
- Prevedere turni di pulizia e monitoraggio se il condominio decide di tollerare la colonia;
- Convocare un’assemblea per discutere e approvare regolamenti specifici che disciplinino la convivenza con gli animali randagi.
Esempio pratico: un condominio di Roma ha risolto il conflitto individuando, con l’aiuto del Comune, una zona esterna recintata dove i gatti in condominio vengono nutriti e sterilizzati. In questo modo, gli animali restano tutelati e i condomini non subiscono disagi.
Il tema dei gatti in condominio, ovvero dei gatti randagi nei cortili condominiali, non va affrontato con divieti assoluti o con l’indifferenza, ma con equilibrio, conoscenza delle norme e rispetto reciproco. L’amministratore ha il compito di mediare tra le esigenze emotive di chi ama gli animali e i diritti di chi pretende igiene e tranquillità. Solo con una gestione proattiva e regolamentata si può trasformare un problema in una convivenza civile e rispettosa.
La domanda che ogni condomino deve porsi è: il mio amministratore ha le competenze adeguate per gestire il condominio in cui vivo?
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di Battista Praino Amministratore
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