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Case occupate, le nuove norme del decreto Sicurezza

Ottobre 7, 2025
in Normativa
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case occupate

Low angle view of a modern building, backgrounds

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Dopo anni di attesa sono state introdotte norme a difesa dei proprietari di case occupate arbitrariamente e procedure per l’immediato rilascio. Ma la tutela è più forte solo per le prime case.

Dopo decenni di lunghi processi per consentire ai proprietari di case occupate di rientrare in possesso dei propri immobili lo Stato si è mosso nei mesi scorsi inserendo diverse novità nel panorama giuridico, alcune molto efficaci che però lasciano ancora poco tutelata una grande platea di immobili. Andiamo con ordine e vediamo nel dettaglio quali sono le novità e come concretamente si attuano.

L’art. 10, comma uno, del decreto legge n. 48 dell’11 aprile 2025, “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”, il cosiddetto “dl sicurezza” in vigore dal 12 aprile 2025, ha introdotto, nel codice penale, una fattispecie di reato di nuovo conio. Con questa norma è stata introdotta una fattispecie di delitto (di cui all’art. 634 bis, c.p.), che consente al proprietario di un immobile (o a colui che lo detiene a titolo qualificato), di tornare in possesso dell’immobile quando questo sia occupato abusivamente da parte di terzi. Il proprietario di case occupate può cioè tornare nel legittimo possesso, previo ordine di rilascio, anche prima dell’esercizio dell’azione penale dal parte del P.M., attribuendo, nella fase delle indagini preliminari, al Gip il potere di emettere il decreto di reintegrazione nel possesso.

La ratio della norma in commento è volta a rafforzare la tutela nei confronti del proprietario di un immobile, spesso destinato a civile abitazione, qualora quest’ultimo sia illegittimamente spogliato del suo possesso.

Il proprietario che abbia denunciato l’arbitrarietà dell’occupazione ai sensi dell’art.634 bis c.p., non dovrà attendere le lungaggini del procedimento penale, scandito dalla fase delle indagini preliminari e, di poi, da quella del processo dibattimentale, salvo il ricorso a riti deflattivi, laddove vi siano le condizioni ex lege, e ciò in quanto questi potrebbe essere reintegrato nel possesso anche immediatamente.

Questa tutela si rafforza laddove si tratti dell’occupazione di un immobile destinato a prima ed unica abitazione del proprietario, attribuendo alla polizia giudiziaria, una volta che essa abbia accertato l’arbitrarietà dell’occupazione, il potere di ordinare all’occupante il rilascio immediato e la conseguente reintegrazione del proprietario nel possesso del suo appartamento, anche in via coattiva ove vi sia il rifiuto ovvero la resistenza dell’occupante abusivo. Ma quale era la tutela del proprietario prima di questa novità normativa?

Prima dell’introduzione del nuovo art. 634 bis il proprietario di case occupate che fosse spogliato del possesso poteva trovare una tutela presentando una denuncia querela ai sensi del delitto previso e punito dall’art. 633 del c.p.. Questa norma, rubricata come “Invasione di terreni o edifici”, nell’ottica della tutela dell’inviolabilità del patrimonio immobiliare, consentiva al proprietario di ottenere l’accertamento in sede penale dell’occupazione abusiva del suo immobile ad opera di un terzo. È vero che la norma in scrutinio si riferisce a una condotta di “invasione”, però essa, come chiarito anche di recente dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, deve essere intesa come “introduzione arbitraria non momentanea nell’altrui terreno o edificio allo scopo di occuparlo o di trarne profitto”.

Il concetto fondamentale della norma introdotta con il dl sicurezza è quello dell’arbitrarietà dell’occupazione, dove per arbitrarietà si deve intendere una condotta generata dall’occupante abusivo contra ius, vale a dire da colui che non ha alcun titolo giuridico per introdursi e permanere nell’immobile di altrui proprietà.

In tal senso, la giurisprudenza di riferimento, ha precisato che l’arbitraria occupazione di un immobile destinato all’edilizia pubblica residenziale da parte di coloro che vi sono entrati col consenso dell’originario legittimo detentore, poi deceduto, non rappresenta un esimente al fine di eludere l’integrazione della fattispecie penale di occupazione abusiva, poiché unico legittimato a concedere sarebbe, da contratto, la detenzione dell’immobile è l’ente pubblico.

Neanche la tolleranza e il silenzio serbato dall’ente pubblico, proprietario dell’immobile, costituisce una scriminante per escludere l’integrazione del delitto di occupazione abusiva dell’immobile, dal momento che questi, in ossequio al principio di imparzialità e trasparenza dell’agire della P.A., può assegnare gli alloggi a seguito di una procedura selettiva disciplinata dalla legge. (Cfr. Cass. Pen. , Sez. II, Sentenza n. 27041 del 24 marzo 2023).

Ciò nonostante il proprietario di case occupate, una volta presentata la relativa denuncia alle autorità competenti, doveva attendere l’esito del procedimento penale. Fintantoché non fosse accertata in sede penale l’arbitraria occupazione il proprietario non avrebbe potuto rientrare nel possesso immediato del suo immobile.

Una situazione legale spesso insostenibile da chi ha magari faticato anni per acquistare un immobile che si è visto occupato arbitrariamente, tanto da arrivare a pensare di farsi ragione da sé. Una strada genera naturalmente conseguenze sul piano penale, solo pensando al delitto dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni (artt. 392, 393, c.p.).

Ecco allora che il legislatore, registrando l’aumento di case occupate illegalmente, pubbliche o private, con la nuova norma ha introdotto nel tessuto ordinamentale penalistico una nuova fattispecie di reato specifica, volta a reprimere il fenomeno delle case occpuate. È stata inoltre inserito sul piano procedurale il nuovo art. 321 bis, c.p.p., che consente, ove vi siano i requisiti ex lege, la reintegrazione anche immediata del proprietario nel possesso del suo immobile.

Con la nuova fattispecie il legislatore punisce la condotta di violenza o minaccia con la quale l’occupante detiene, senza titolo alcuno l’immobile, oppure impedisce al proprietario di rientrarvi, con la pena della reclusione da due a sette anni.

La punibilità stabilita dall’art. 634 bis c.p. è estesa anche a coloro che, pur non avendo concorso nella consumazione del delitto, hanno tuttavia cooperato nell’occupazione dell’immobile, oppure corrispondono o ricevono denaro per l’occupazione abusiva. La nuova norma è certamente volta a tutelare l’inviolabilità della proprietà immobiliare, affinché il proprietario ovvero il detentore qualificato non subisca l’illegittimo spoglio del suo possesso.

Eppure prevede una causa di non punibilità in capo all’occupante arbitrario laddove questi collabori con la polizia giudiziaria per l’accertamento dei fatti oppure ottemperi spontaneamente all’ordine di rilascio delle case occupate. Infine, pur essendo questo il delitto punito a querela della persona offesa, esso sarà procedibile di ufficio ove sia stato commesso in danno di un soggetto incapace, per età o infermità.

GLI STRUMENTI INTRODOTTI CONTRO L’OCCUPAZIONE ABUSIVA

La novità più interessante per il proprietario di case occupate, è lo strumento che il legislatore ha concesso alla polizia giudiziaria mediante l’introduzione, dal punto di vista procedurale, dell’art. 321 bis, c.p.p.

Premesso che, a seguito di denuncia del proprietario dell’immobile, e su richiesta del pubblico ministero il giudice può, con decreto motivato, disporre la reintegrazione dei medesimi nel possesso dell’immobile e delle sue pertinenze. Tale reintegrazione può avvenire anche nella fase delle indagini preliminari, sicché prima dell’esercizio dell’azione penale, ad opera del giudice delle indagini preliminari.

Qualora l’immobile sia l’unico di proprietà del denunciante, la polizia giudiziaria deve recarsi subito sul posto per eseguire gli accertamenti ex art.55 c.p.p., al fine di segnalare notizia di reato, di compiere l’attività necessaria volta a impedire che alcuni reati siano portati a compimento.

Inoltre ai sensi del terzo comma dell’art. 321 bis, c.p.p., laddove la polizia giudiziaria ritenga che vi siano fondati motivi che l’occupazione dell’immobile sia arbitraria, può ordinare all’occupante l’immediato rilascio dell’immobile e reintegrarne nel possesso il proprietario denunciante.

La tutela è rafforzata dalla possibilità che, a fronte del diniego e della resistenza dell’occupante a ottemperare all’ordine di immediato rilascio dell’immobile occupato arbitrariamente, la polizia giudiziaria, ove vi siano fondati motivi dell’arbitraria occupazione, può disporne il rilascio coattivo reintegrando il proprietario nel possesso, previa autorizzazione del pm sia scritta che orale.

In seguito il verbale redatto dalla polizia giudiziaria è comunicato, entro quarantott’ore, al magistrato il quale, a sua volta, entro le quarantott’ore successive deve inviarlo al giudice affinché questi emetta un decreto di convalida della reintegrazione. Se quest’ultimo non convalida con ordinanza il provvedimento entro i successivi dieci giorni, la reintegrazione perde efficacia.

La procedura precedentemente descritta, alla luce del nuovo impianto normativo, dovrebbe consentire al proprietario della o delle case occupate di essere reintegrato nel possesso dell’immobile e delle sue eventuali pertinenze , anche in via immediata.

Grazie a queste novità si interviene dunque su un problema denunciato da decenni dai proprietari di immobili che in molti casi, purtroppo, si sono visti spogliati per anni dei propri beni occupati abusivamente. E che per tornarne in possesso hanno dovuto attendere i lunghissimi tempi di un procedimento penale o civile. È un passo sicuramente importante ancorché insufficiente visto che queste novità riguardano solo le prime case, lasciando così fuori un enorme numero di immobili che, se occupati, rischiano di attendere anni prima che il proprietario possa tornarne in possesso.

Prima dell’introduzione della nuova fattispecie di reato di cui all’art. 634 bis c.p., il proprietario che avesse subito l’arbitraria occupazione dell’immobile, poteva ricorrere anche ad una tutela in sede penale, denunciando l’autore dell’occupazione per il delitto di invasione ai sensi dell’art. 633 c.p.

Tuttavia, il ricorso a tale tutela non consentiva al proprietario pretermesso dal suo legittimo possesso, di ottenerne l’immediata reintegrazione. Perciò, l’avvio di un procedimento in sede civile, congiuntamente ovvero disgiuntamente da quello penale, non consentiva a chi avesse subito ingiustamente lo spoglio del suo possesso di conseguire una tutela immediata di natura reale.

A influenzare il legislatore è stato certamente anche il fenomeno dell’abusiva occupazione degli immobili destinati all’edilizia pubblica residenziale. E questa norma ha colmato in parte la tutela introducendo, non soltanto una specifica figura di reato bensì anche una procedura che consente nell’immediatezza del fatto (accertato come abbiamo visto dagli organi deputati), di ordinare all’occupante l’immediato rilascio dell’immobile.

Una tutela che è ancor più rafforzata, giacché, ove l’immobile occupato rappresenta l’unica abitazione del proprietario denunciante, senza ritardo, l’autorità competente, ne dispone l’immediata reintegrazione nel possesso.

LEGGI ANCHE
L’usucapione di un bene condominale. Regole e norme

di Filippo Simone Zinelli e Giovanni Stampone, avvocati 
f.zinelli@lawtaxgovernance.com

Tags: Aperturacase occupatesgomberi

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