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La normale tollerabilità dei rumori, cos’è e come si calcola

Ottobre 28, 2025
in Normativa
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normale tollerabilita

young adult couple looking angry, stressed and annoyed, covering both ears to a deafening noise, sound or loud music

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Quali sono i limiti che definiscono la normale tollerabilità dei rumori di vicinato, cosa può fare il regolamento di condominio e la questione risarcimenti

Il problema delle immissioni rumorose nei condomini e della normale tollerabilità dei rumori è, certamente, uno tra i più dibattuti sia durante le assemblee condominiali che nelle aule dei tribunali. Nei rapporti di vicinato, soprattutto all’interno dei condomini, infatti, la tematica si palesa sempre più frequentemente, soprattutto con il moltiplicarsi delle numerose attività ricettive svolte negli appartamenti. La fonte del disturbo può essere costituita da rumori di tacchi delle scarpe, schiamazzi, uso di strumenti musicali, spostamenti di sedie o trascinamento di mobili sul pavimento, o anche dall’uso (improprio) dell’ascensore o di elettrodomestici particolarmente rumorosi, talvolta azionati in orari notturni.

La casistica è la più varia e ricomprende un ampio ventaglio di ipotesi che possono avere un significativo rilievo sia in ambito civile che penale. Giova ricordare che la materia è disciplinata all’art 844 del codice civile che stabilisce come “Il proprietario di un fondo non può impedire (…) i rumori (…) derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.

La norma suggerisce “una distinzione tra: immissioni che rimangono al di sotto della soglia di normale tollerabilità che devono essere sopportate da chi le subisce; immissioni che superano la soglia della normale tollerabilità, ma giustificate da esigenze della produzione rispetto alle quali chi le subisce non ha diritto a farle cessare ma può ottenere un indennizzo in denaro per il pregiudizio eventualmente sofferto” (cfr. Cass. n. 18810/2021; Trib Napoli sent. 604/2025).

Tale precetto codicistico viene posto non solo a salvaguardia di un diritto di natura pubblicistica ma, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, soprattutto a tutela del diritto alla salute e alla qualità della vita privata e familiare. Come sottolineato dalla suprema corte, infatti, “le immissioni intollerabili possono causare lesioni del diritto al riposo notturno e alla vivibilità nella propria abitazione” ( cfr. Cass. Civ. n.11930/2022).

In tal senso anche l’art 8 CEDU (Convenzione Europea dei diritti umani) che riconosce e tutela, quale diritto fondamentale della persona, quello al godimento della propria abitazione per immissioni determinate da inquinamento ambientale nonché al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione (cfr. anche Cass. Civ., Sez. II, 20 gennaio 2023, n.1823).

In conseguenza, “va riconosciuto un consistente risarcimento del danno provocato, da determinarsi in via equitativa, in relazione alla perduranza del tempo della turbativa” (Cass. n. 11930/2022; Cass n. 21649/2021)

LA NORMALE TOLLERABILITÀ DELLE IMMISSIOI RUMOROSE
Orbene, il nostro codice civile introduce, come parametro atto a definire ciò che è lecito da ciò che non lo è, il concetto di “ normale tollerabilità”. Tale criterio, per la sua stessa natura flessibile ed astratta, può essere soggetto a differenti interpretazioni, soprattutto in punto di concreta applicabilità.

Deve essere, dunque, decifrato con riguardo alla specificità del caso concreto, tenendo conto non solo di fattori oggettivi quali la frequenza, la durata, l’orario, l’intensità, la condizione dei luoghi ma, anche, di fattori soggettivi, quali la sensibilità del destinatario e le abitudini del vicino di casa ( cfr Cass. n. 1823/2023); così come non può prescindere dalla fascia rumorosa costante (cosiddetta rumorosità di fondo) sulla quale vengono a innestarsi i rumori denunciati come abnormi.

In particolare, in materia di immissioni acustiche, la Suprema Corte di cassazione, così come diversi tribunali di merito, si sono più volte espressi accettando il limite di 3 decibel oltre il rumore di fondo durante la notte (così ad es. Cass. civ., Sez. II, 29/10/2015, n. 22105; Cassazione Sezioni Unite n. 4848 del 27.2.2013), evidenziando al contempo come, però, “…il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 cod. civ., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale” (cfr Cass. n. 28201/2018; Cass. N.17051/11; Trib Napoli n. 604/2025).

Nei casi in cui il contesto ambientale di riferimento è quello condominiale, la liceità o meno dell’immissione rumorosa andrà determinata sulla scorta di quanto previsto dal regolamento approvato a maggioranza dei condòmini.

I LIMITI DEL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO

I regolamenti condominiali, in base alle relative delibere comunali, stabiliscono fasce orarie ben definite (generalmente dalle 13:00 alle 15:00 per il riposo pomeridiano, dalle 22:00 alle 7:00 per quello notturno) durante le quali i rumori devono essere particolarmente contenuti, sino ad arrivare a definire, in alcuni casi, anche il divieto assoluto per i condomini di svolgere determinate attività.

Tali restrizioni possono porre limitazioni secondo criteri anche più rigorosi di quelli stabiliti dal codice civile, come frequentemente accade per le attività musicali e anche canore. In tema di regolamento condominiale che vieta la produzione di “rumori molesti”, recente giurisprudenza ha precisato, infatti, come tale divieto costituisca una norma più restrittiva rispetto alla disciplina codicistica delle immissioni ex art. 844 c.c. e non richiede la dimostrazione del superamento della normale tollerabilità.

In ossequio a tale principio, il concetto di “rumore molesto / disturbo” si distingue da quello di “rumore intollerabile”, rappresentando “un grado di nocumento inferiore rispetto a quello insito nella qualificazione intollerabile, perché mentre quest’ultima connota rumori che non si possono fisicamente sopportare (e che raggiungono un livello tale da porre in pericolo la salute), la prima è relativa anche a rumori meramente fastidiosi, importuni, spiacevoli: tutti i rumori intollerabili sono anche molesti, ma non tutti quelli molesti sono anche intollerabili.”

Ne consegue che se per l’accertamento dell’abnormità delle immissioni, la prova  può essere fornita dal danneggiato con testimonianze di altri condomini o a mezzo di perizia tecnica ( CTU ) fonometrica, atta a misurare l’intensità delle emissioni sonore; nel caso di rumori molesti posti in violazione del regolamento condominiale, è sufficiente a fini probatori “il solo accertamento del verificarsi di episodi di rumori molesti” nella fasce orarie protette dal regolamento condominiale (Corte d’appello civile Firenze n. 1233 del 17/06/2021).

Posta questa distinzione va  precisato che  il  relativo danno procurato alla qualità della vita va in ogni caso provato.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO

Sulla scorta di quanto previsto in tema di responsabilità ex art 2043 c.c., infatti, colui che invoca il risarcimento del danno sofferto in conseguenza delle immissioni illecite, “ha l’onere di provare, per un verso, (anche mediante presunzioni, sulla base di nozioni di comune esperienza, senza che sia necessario dimostrare un effettivo mutamento delle proprie abitudini di vita) che l’accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili, ascrivibile sotto il profilo soggettivo al presunto danneggiante, ha cagionato una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione (cfr Cass. 11930/2022); per altro verso, che da tale lesione sia derivato un danno conseguenza, cioè un effettivo pregiudizio di natura patrimoniale o non patrimoniale in termini di disagi sofferti in dipendenza della difficile vivibilità della casa” ( cfr Trib. Napoli n. 604/2025)

In particolare, giova evidenziare, sempre in tema di prova, che il danno biologico conseguente (ossia l’insorgenza di un disturbo d’ansia alterazioni del ritmo sonno-veglia, stati di sofferenza psichica) va comprovato eventualmente a mezzo di CTU medico-legale; così come va dimostrato, in ogni caso, il nesso causale diretto tra l’esposizione prolungata ai rumori e il quadro clinico documentato ( cfr Trib. Firenze sent. 21/04/2025), senza che sia necessario dimostrare un effettivo mutamento delle proprie abitudini di vita ( cfr anche Cass. sentenza n. 32043/2025).

LEGGI ANCHE
La sentenza che cambia le regole sui rumori fra vicini

di Claudia Depalma, avvocato
depalmaclaudia@hotmail.com

Tags: Aperturaimmissionirumorivicini

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