Tra la norma e la realtà dei fatti c’è una grossa differenza. Non si può ritenere che l’amNon tutti sanno davvero a cosa corrispondono e a cosa servono. Un numero che influenza le nostre decisioni in condominio e che si riflette sulle nostre spese. Capiamo insieme come si calcolano e come si possono modificare.
Per cercare di spiegare il significato dei millesimi condominiali, dobbiamo partire dalla considerazione che un condominio normalmente risulta composto da un certo numero di unità immobiliari, che sono ricomprese in un unico fabbricato che per il proprio funzionamento necessita di utilizzare parti comuni. Parti comuni sono ad esempio l’area di sedime del fabbricato, i vani di scale e ascensori, le superfici verticali che delimitano il fabbricato, nella loro composizione di parti opache e parti trasparenti, le superfici orizzontali o inclinate che coprono l’intero fabbricato, gli impianti comuni come quelli di smaltimento e scarico delle acque meteoriche e di scarico delle acque grigie e nere dei servizi domestici.
L’individuazione delle parti comuni è prevista nell’art. 1117 del codice civile. Le parti comuni ed i servizi necessari al corretto funzionamento della comunione hanno necessità di essere gestiti e tale gestione dovrà essere ripartita tra le unità immobiliari che compongono lo stesso condominio.
Quindi i millesimi rappresentano l’operazione di tradurre matematicamente il rapporto tra il valore delle singole unità, determinato sulla base di alcuni parametri di stima: ubicazione, esposizione, affaccio, illuminazione, piano ed il valore dell’edificio definito dalla somma di tutti i valori delle sue componenti.
Pertanto, il fine delle tabelle millesimali non è quello di determinare il diritto dei singoli condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva, ma di accertare solo il valore di tali unità rispetto all’intero edificio, rapportato a millesimi, ai soli fini della gestione della cosa comune.
Normalmente le tabelle millesimali vengono redatte dopo il completamento della costruzione del fabbricato condominiale, ed insieme al regolamento costituiscono parte fondamentale del contratto di compravendita della singola unità immobliare e strumento immodificabile se il fabbricato nel corso della sua esistenza rimane inalterato. Qualora invece, si verificassero condizioni che alterano il precedente rapporto di valori all’interno del condominio, o emergessero degli errori di clacolo, o avvenissero delle modifiche consistenti (come eventuali sopraelevazioni, chiusure di spazi aperti annessi a singole unità, trasformazione di locali di servizio come ampliamento di spazi residenziali, inserimento di vani ascensori in precedenza inesistenti), si potrà ricorrere alla modifica delle tabelle millesimali. Questa avviene tramite l’applicazione delle disposizioni di attuazione del c.c., con la revisione delle stesse a carico di coloro che hanno effettuato le modifiche o dell’intero condominio se si tratta di errori riscontrati successivamente alla formazione del condominio.
Un aspetto controverso nel caso di modifiche da apportare alle tabelle millesimali, è quello del quorum necessario per l’approvazione delle stesse. Se necessita l’unanimità dei condomini o sia sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 comma II c.c., ossia la maggioranza degli intervenuti in sede di assemblea che rappresenti la metà del valore dell’edificio (come stabilito dalla sentenza n. 18477/2010 delle Sez. Unite della Corte di Cassazione che ha statuito, in contrasto con il proprio precedente orientamento, che non è necessaria l’unanimità dei consensi dei condomini per approvare e modificare le tabelle millesimali di un condominio).
Si tratta della medesima maggioranza attualmente richiesta dal testo dell’art. 69 disposizioni di attuazione del c.c. per la modifica e la revisione delle tabelle millesimali prevista nelle due ipotesi specifiche elencate nello stesso articolo, e cioè: quando risulta che i valori millesimali sono conseguenza di un errore; quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di modifiche delle superfici o di innovazioni di vasta portata in termini di unità immobiliari, viene notevolmente alterato il rapporto originario dei valori proporzionali di piano anche solo a causa dell’unità immobiliare di un condomino.
La caratura di ogni singola unità immobiliare viene determinata in base ad alcuni coefficienti correttivi delle superfici dei singoli vani e degli spazi di proprietà individuale. Tali coefficienti si fanno risalire, normalmente, a quelli che erano previsti nella circolare del Ministero dei Lavori pubblici n.12480 del 26/03/1966, che servivano ai tecnici collaudatori per ripartire le spese che le cooperative edilizie, che fruivano degli aiuti pubblici, dovevano applicare ai soci assegnatari delle singole unità immobiliari.
I coefficienti moltiplicatori delle superfici dei vani costituenti le singole unità, che normalmente vengono considerati sono:
a) coefficiente di destinazione; b) coefficiente di piano; c) coefficiente di orientamento; d) coefficiente di prospetto; e) coefficiente di luminosità; f) coefficiente di funzionalità globale dell’alloggio.
Il coefficiente di destinazione andrà a caratterizzare la funzione dei vari ambienti in base al loro utilizzo: camere, cucine, disimpegni, bagni, ripostigli, cantine, soffitte, balconi e/o terrazzi, giardini ed aree di rispetto.
Il coefficiente di piano, sicuramente influenzato dalla presenza o meno dell’ascensore, prevede in base all’altezza del piano rispetto all’ingresso al fabbricato dei valori inferiori all’unità per locali sotto strada e fino al piano rialzato e con valori pari all’unità per i piani superiori al primo, serviti da ascensore. In mancanza di ascensore certamente i piani superiori al primo dovranno subire una riduzione proporzionale ai vari piani che comunque non dovrà mai scendere al di sotto di un valore di 0,90.
Il coefficiente di orientamento viene determinato in funzione della sua esposizione ai punti cardinali che influenzano la quantità di sole o di luce o di calore o l’esposizione ai venti dominanti, per ambienti interni alle unità immobiliari si applica un coefficiente minimo di 0,75.
Il coefficiente di prospetto variabile rispetto a particolari condizioni di affaccio su vedute panoramiche o su strade ampie o strette, su cortili o chiostrine o se trattasi di ambienti chiusi interni all’unità immobilliare.
Il coefficiente di luminosità determinato in base al rapporto tra la superficie illuminante del vano e la sua superficie variabile tra 1 e 0,90 secondo il valore di quel rapporto. Agli ambienti senza finestra si applica il coefficiente minimo di 0,75; agli spazi aperti il coefficiente è pari ad 1.
Il coefficiente di funzionalità globale dell’alloggio riveste in linea generale aspetti particolari relativi alla diversa distribuzione interna dei singoli alloggi, in presenza di numerosi locali disimpegno, o in presenza di servizi igienici parametrati all’ampiezza dell’alloggio, o di spazi scoperti di dimensioni accettabili.
Tutti i coefficienti dovranno essere determinati univocamente in base alla sensibilità estimativa del tecnico che elabora le tabelle, in modo da essere facilmente confrontabili, al fine di evitare incomprensioni e rifiuti ingiustificati.
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di Andrea Magazzù, Ingegnere
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