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Imu delle case popolari, si riapre il dialogo per l’esenzione. Ma gli arretrati sono 435 milioni

Ottobre 13, 2025
in Vari
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Imu

A vertical shot of an old yellow-painted apartment building with some broken windows

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Mentre nei tribunali i Comuni chiedono da anni il saldo dell’Imu non pagata dagli enti gestori si torna a parlare di una possibile esenzione per l’edilizia residenziale pubblica. Le ipotesi sul tavolo.

Per la prima volta dopo anni si apre uno spiraglio di dialogo per l’esenzione dell’Imu delle case popolari. Sono in corso in queste settimane incontri informali che premono per ridefinire una questione aperta da quasi due decenni e sulla quale sono aperte da anni battaglie legali costosissime fra Comuni ed enti che gestiscono l’edilizia residenziale pubblica. Il tema infatti è aperto almeno dal 2008, da quando con decreto del ministero delle Infrastrutture è stato stabilito che l’esenzione dell’Imu per le cosiddette case popolari riguarda solo gli alloggi sociali, che sono una piccola fetta dei circa 750.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica che ci sono in Italia. Da allora si è aperto un contenzioso legale per vedere sempre più estesa la definizione di alloggio sociale e, forse, il 2026 potrebbe essere l’anno della pacificazione fra Comuni ed enti gestori degli Erp. Parliamo di una battaglia che nei tribunali vale circa 435 milioni di euro di arretrati Imu per le casse dei Comuni, anche se il gettito che gli enti locali incassano ogni anno nei fatti è molto più basso.

A riaprire il dialogo fra Anci e gestori delle case popolari contribuiscono diversi fattori. Intanto l’elezione di Gaetano Manfredi a presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani che l’inverno scorso ha tenuto, per la prima volta dopo diversi anni, una riunione fra l’associazione e Federcasa, la sigla che riunisce gli oltre 80 enti gestori delle case popolari. Alla disponibilità di Manfredi si aggiungono però anche i pronunciamenti dei giudici che in più di un’occasione hanno dato ragione alle aziende sulla questione degli arretrati Imu. Il caso più eclatante è quello di Roma dove nell’estate 2025 i giudici hanno dato ragione all’Ater annullando gli accertamenti Imu emessi dal Comune a partire dal 2016 e cancellando così un debito da circa 150 milioni di euro. “Va trovata una soluzione definitiva”, spiega a CondominioNotizie il presidente di Federcasa, Marco Buttieri, “altrimenti richiamo di sprecare in spese legali soldi che potremmo usare per la manutenzione degli alloggi e che anche i Comuni potrebbero usare molto meglio”.

Il punto, infatti, è che per i Comuni i soldi dell’Imu sono un flusso di cassa corrente con cui fanno fronte alle spese quotidiane. “Come Anci siamo assolutamente disponibili a parlarne e a trovare una soluzione condivisa che coinvolga anche il legislatore”, ci conferma Stefano Locatelli, vicepresidente dell’Associazione nazionale dei Comuni Italiani. “Bisogna provare a trovare una soluzione tenendo però presente che i Comuni fanno fronte a una spesa sociale enorme che negli ultimi anni per certe voci ha visto un incremento vertiginoso”, aggiunge Locatelli. Il messaggio cioè è che lo Stato deve trovare una copertura per aiutare gli enti locali che dal Covid in avanti fanno sempre più fatica e la legge di Bilancio che viene redatta in queste settimane potrebbe essere il momento giusto per introdurla. Ma di quanti soldi parliamo?

QUANTO VALE L’IMU DELLE CASE POPOLARI

Gli arretrati che i Comuni rivendicano sono una cifra enorme che si aggira attorno a 435 milioni di euro ma che comunque non verrebbe toccata da un’eventuale riorganizzazione della norma, che non sarebbe ovviamente retroattiva. I crediti degli anni passati potrebbero essere ancora vantati dai sindaci e richiesti per via giudiziaria. Ma la copertura che serve a risolvere il problema da qui in avanti è infinitamente più piccola. Il gettito annuo dell’Imu dalle case popolari si aggira formalmente sui 70 milioni di euro (76 per l’esattezza secondo una relazione tecnica allegata al dl 102 del 2013) ma quanto effettivamente percepito dallo Stato è molto di meno. Secondo fonti del ministero interpellate da CondominioNotizie il gettito effettivamente incassato sarebbe inferiore ai 50 milioni di euro. Una cifra che probabilmente potrebbe essere coperta, se non in legge di Bilancio, nell’atteso Piano Casa che dovrebbe finalmente vedere la luce tra 2026 e 2027 e che la premier Giorgia Meloni ha ribadito di voler portare a compimento anche lo scorso 28 agosto al Meeting di Rimini. Il Piano Casa al momento dovrebbe avere un portafogli di 660 milioni di euro ma non è detto che l’Europa non intervenga nei prossimi mesi con dei fondi aggiuntivi, visto che l’emergenza abitativa non riguarda solo l’Italia, anzi.

A livello europeo la una task force della Commissione aveva calcolato nel 2018, prima quindi che il Covid peggiorasse la situazione, che per risolvere l’emergenza abitativa nel Vecchio continente servirebbero 57 miliardi di euro l’anno. Anche per questo a gennaio 2025 è stata istituita una commissione speciale del parlamento europeo sugli alloggi sociali, presieduta dall’italiana Irene Tinagli.

LE PROPOSTE SUL TAVOLO

Per uscire da quest’impasse che prosegue dal 2008 ci sono diverse soluzioni sul tavolo. La più semplice sarebbe ridefinire i criteri di identificazione degli alloggi sociali, ovvero quelli che sono già esentati dall’Imu per legge. “Non è chiara la definizione di alloggio sociale”, ci spiega Buttieri di Federcasa, “oggi perché un alloggio sia definito sociale e acceda quindi all’esenzione dell’Imu gli enti gestori devono incaricare un perito terzo che stabilisca in base ai parametri dell’immobile e del nucleo famigliare che ci vive dentro che effettivamente siano rispettati quei criteri previsti dal decreto”. Una procedura lunga e costosa che potrebbe essere risolta con un’interpretazione più estensiva della norma, che spetterebbe al ministero delle Infrastrutture.

Gli enti gestori delle case popolari hanno a loro volta avanzato all’Anci la proposta di utilizzare i soldi dovuti annualmente per l’Imu per la ristrutturazione degli edifici. Una possibilità ancora sul tavolo che a fronte di un minor incasso da parte dei Comuni impegnerebbe nero su bianco gli enti a provvedere a degli interventi a dir poco urgenti. Basti pensare che in Italia ci sono circa 60.000 alloggi popolari vuoti che non possono essere assegnati perché devono prima essere ristrutturati. Una cifra enorme se consideriamo che solo a Roma ci sono 16.500 famiglie in attesa di un’assegnazione, la cifra più alta mai registrata nella storia della Capitale.

Ci sarebbe poi una terza opzione: che i Comuni rivedessero da soli al ribasso le aliquote per certi immobili. Dal 2025 i Comuni possono farlo sulla base di un decreto del Mef del 7 luglio 2023 che introduce un lungo elenco di casi in cui le aliquote possono essere modificate anche fino all’azzeramento. Una strada che però difficilmente i Comuni decideranno di seguire da soli finché lo Stato non introduca delle coperture che compensino il mancato incasso.

Incasso che, però, alla luce del gettito effettivi di questi ultimi anni, non sarebbe impossibile trovare e che stemperrebbe un disagio abitativo crescente da Nord a Sud destinato sempre più spesso a finire in tribunale.

LEGGI ANCHE
QUANDO UN IMMOBILE INAGIBILE HA DIRITTO ALLA RIDUZIONE IMU

di Andrea Battistuzzi – Giornalista
direzionerivista@condominiozeroproblemi.it

Tags: Aperturaimutasse

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